Sono Racconti romani ma “Roma” compare per la prima volta a pagina 123. Sono Racconti romani e col titolo disegnano un confine inequivocabile, ma il loro tema è il fuori, l’extra da cui proviene l’estraneo, lo straniero. Sono Racconti romani , ma narrano di chi viene dall’estero e guarda i nostri spazi con un’attenzione che non abbiamo più; narrano dello spatriato che dispatriandosi soffre e cerca conforto, ma suo malgrado ci allarma, attiva pregiudizi, a volte seduce, incontra la violenza. Sono insomma i Racconti romani , e del terribile splendido mondo d’oggi, che la scrittrice anglo-bengalese Jhumpa Lahiri ha scritto a Roma, in un italiano che studiatamente si nutre di tradizione, che è di un’eleganza sprezzata con piccoli strappi, che trascina con sé la grande abilità e la forza dei suoi libri in inglese. Un italiano extra, che non sale mai di tono per sollecitare emozioni, ma le lascia emergere dalla precisione con cui aderisce ai fatti, dalla composizione ben orchestrata, dall’equilibrio tra l’occhio che annota e la voce che racconta, dalla capacità di inventare similitudini scansando formule abusate. Niente nomi, a parte Dante Alighieri; scarsi toponimi; e tuttavia figure dense, luoghi dettagliatamente evocati. Con questi Racconti romani (Guanda) così fuori dell’ordinario, la straniera Jhumpa Lahiri è definitivamente una scrittrice italiana.

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Questo articolo è uscito sul numero 1485 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati