Igort va qui alle soglie dell’umano. Come già per i due capolavori Quaderni russi e Quaderni ucraini (quest’ultimo nella più recente edizione arricchito da una parte specifica sul Donbass), due libri di svolta nella storia del fumetto. Ma qui il dolore è contemporaneo, preso sul vivo, bruciante. Non solo. Per l’artista sardo l’Ucraina è più che un paese amatissimo, anche per via della sua famiglia: oltre a tanti amici e conoscenti, Igort è sposato con un’ucraina, che ha la famiglia ancora lì. Il coinvolgimento è dunque enorme. L’autore si trova nel suo intimo alle soglie dell’umano. Ma questo libro, contrariamente agli altri, non è stato fatto andando sul campo, ma rimanendo a distanza, raccogliendo le testimonianze al telefono oppure mediante persone fidate. Se i reporter procedessero in questo modo sarebbe un problema. Ma Igort è prima di tutto un artista e un poeta, spirituale ma laico. Anche nella cronaca più prosaica. Elaborato nell’urgenza, l’autore fa del dolore indicibile una narrazione sommessa e dolente, mai urlata. Grande in questo come il maestro statunitense del passato Will Eisner, noto per le sue narrazioni della grande depressione. E come al più grande autore statunitense vivente, Chris Ware, gli riesce il miracolo che più crea distanza, più suscita vicinanza umana, empatia. Perché il vero tema è forse questo: guardarci tutti come esseri umani. Francesco Boille

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Questo articolo è uscito sul numero 1484 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati