Le dichiarazioni del presidente del senato sul 25 aprile dimostrano che l’ombra purtroppo “non è mai così lontana”, come recita il titolo. Leila Marzocchi eccede con il troppo testo e le poche immagini nei segmenti didattici, pur interessanti storicamente. Ma quando racconta la vicenda di sua zia, finita come il padre e il fratello in un campo di concentramento nazista perché antifascista, e mai più tornata, il racconto prende il volo e possiede il lettore. Il lavoro coloristico evoca tanta pittura senza cadere nel citazionismo e si fa pura poesia anche con l’orrore, poche pagine dopo. Perfino nel piatto realismo della videotestimonianza della zia ormai anziana, Marzocchi riesce a fare una trasfigurazione pittorica, conferendo alla zia grande presenza. Ma c’è pure il fumetto popolare, la cui storia fu di grande creatività, sperimentazione e raffinatezza, soprattutto negli Stati Uniti: quando la zia fa la maglia nel campo di concentramento ha gli occhi tondi e le orbite vuote come la Little orphan Annie di Harold Gray. Un burattino spaurito e sperduto nell’insensato mondo adulto, speculare alla piccola Leila del prologo, che scopre quello che era successo alla zia e lascia cadere il suo adorato Topolino. Perché se si narra la resistenza e l’olocausto da un duplice punto di vista femminile (la zia e la nipote), il tema sottotraccia e tuttavia importante è l’incanto dell’infanzia e dell’adolescenza, rubate, distrutte dal folle mondo adulto. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1509 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati