Tanti anni fa, stanco di leggere romanzi e racconti che non lo erano, scrissi un articolo intitolato “Un lettore che ha bisogno di narrazioni”. Oggi, di fronte alla marea di narrazioni ripetitive e insulse che arrivano in libreria, invoco testi intelligenti, scritture, idee, invenzioni e costruzioni non obbligatoriamente realistiche, neorealistiche, consequenziali. Qualcosa si trova, ma sono per lo più spiritosate, non gusto e ricerca di una letteratura insolita, sorprendente, inquietante, come sono questi racconti di uno scrittore che non ha mai seguito le mode, e semmai ha cercato di suggerirne una modellata sui suoi gusti e sulle sue inquietudini.

I racconti di Sferopoli sono raramente tali, ma ipotizzano ogni volta una visione altra e un modo altro di suggerirla, che parlino della rivalità di due preti (storie di funghi) o di due rabbini (creazioni di golem), che prendano a pretesto Boccaccio o i professori e i loro scolari, o mettano insieme Mozart, suo padre e un formaggiaio, che trattino di insegnanti e di allievi o di padri e figli. Il più istruttivo parla appunto di un figlio che ha paura del buio e potrebbe essere preso a sintesi del progetto di Mari: bene, dice il padre, “finché hai paura del buio non hai paura della luce”. Quello sulle “fonti del mondo” è fatto di citazioni da mandare a memoria, perché c’è molta saggezza, in questo vagare. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1429 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati