Iricercatori della centrale nucleare di Černobyl, in Ucraina, impegnati a cercare batteri capaci di “mangiare” le scorie radioattive, temono che il loro lavoro sia andato irrimediabilmente perso durante l’invasione russa.

In una lettera indirizzata alla comunità scientifica internazionale Anatolij Nosovskyj, direttore dell’Istituto ucraino per i problemi di sicurezza delle centrali nucleari (Ispnpp), ha scritto che il suo staff non può ancora tornare al lavoro anche se i soldati russi hanno cominciato a ritirarsi dalla centrale all’inizio di aprile.

Chiara Dattola

Un gruppo ristretto è potuto rientrare nei laboratori il 12 aprile e ha trovato porte e finestre rotte, e la maggior parte dell’attrezzatura scientifica rubata, danneggiata o distrutta. Nosovskyj ipotizza che le truppe avessero ricevuto l’ordine d’impadronirsi dei dati. “Quasi tutti i computer sono stati portati in un’altra struttura, in cui i russi hanno estratto le schede di memoria”, ha scritto.

La ricercatrice dell’Ispnpp Olena Pareniuk ha trascorso gli ultimi giorni nella città di Žytomyr, circa 130 chilometri a ovest di Kiev, dopo essere stata trasferita a Černivci all’inizio dell’invasione. Prima dell’attacco stava cercando d’individuare dei batteri in grado d’incamerare le scorie radioattive del reattore distrutto di Černobyl, e teme che sarà impossibile recuperare il suo lavoro.

“Nella centrale ci sono ancora soldati russi, quindi scienziati e altri civili non possono entrare”, racconta. “E dato che le foreste sono minate, ci vorrà un po’ prima di poter tornare nei laboratori. Al momento tutti i permessi d’ingresso sono sospesi fino a nuovo ordine”.

Da sapere
La questione della radioattività

◆ L’aumento della radioattività rilevato durante l’occupazione russa della centrale nucleare di Černobyl era stato inizialmente attribuito ai carri armati che hanno sollevato polvere contaminata. Ma secondo alcuni esperti, l’aumento non c’è mai stato. Il valore alterato sarebbe dovuto a interferenze tra i sensori wireless della radioattività e apparecchiature militari non identificate. Sarà però difficile verificarlo perché le truppe russe hanno sottratto i computer usati per il monitoraggio. New Scientist


Pareniuk stava studiando la diversità microbica delle pozze d’acqua presenti nella struttura di contenimento intorno al reattore distrutto, che però sono asciutte da tempo. “Spero che i campioni siano ancora in frigo, perché sarà impossibile raccoglierli di nuovo”, dice. “L’obiettivo era coltivare microrganismi capaci di ‘mangiare’ le costruzioni di lava, cemento e acciaio presenti nell’arco protettivo e nel deposito di stoccaggio del combustibile esausto. Questa parte del lavoro potrebbe essere recuperata, ma serviranno molto tempo e denaro”. Maxim Saveliev, un altro ricercatore dell’Ispnpp, è meno ottimista: “Dovremo ripartire quasi da zero. Non abbiamo più i dati perché ci hanno rubato gli hard disk”.

Il lavoro nei laboratori è ancora fermo. Nella sua lettera Nosovskyj scrive che i soldi per ricostruire e sostituire le attrezzature non arriveranno finché il paese è in guerra, e anche dopo sarà difficile ottenerli. L’Ispnpp lancerà comunque una raccolta fondi e chiederà una mano alle organizzazioni scientifiche di tutto il mondo.

Pareniuk spiega che la situazione è difficile anche per gli altri dipendenti della centrale, che normalmente hanno turni di circa dodici ore. La tratta ferroviaria tra Černobyl e la cittadina di Slavutyč, in cui quasi tutti vivono, attraversa la Bielorussia ed è considerata troppo rischiosa per via dell’alleanza del paese con la Russia. Sul percorso alternativo, che passa da Černihiv, Kiev, Buča e Irpin, ci sono ponti abbattuti e strade bombardate. “Un viaggio di sola andata può durare più del turno”, conclude Pareniuk. ◆ sdf

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Questo articolo è uscito sul numero 1458 di Internazionale, a pagina 109. Compra questo numero | Abbonati