Dopo la musica, in Francia la comicità è uno dei settori artistici più vivaci. Il ruolo della risata è diventato fondamentale nell’offerta d’intrattenimento e gli artisti provenienti dal cabaret sono ovunque, alla radio, alla tv e al cinema. Tanto che i luoghi deputati alla stand up comedy sono diventati popolari quanto i teatri tradizionali.

Seguendo la strada inaugurata da Jamel Debbouze, con il suo Jamel comedy _o il _Marrakech du rire, questi artisti giovani e divertenti si sono ritagliati un ruolo di primo piano tra i comici con origini straniere, in particolare quelli magrebini, soprattutto algerini. La loro comicità e la loro recitazione sono influenzate dalla cultura algerina, acquisita durante l’infanzia nel paese di provenienza o grazie all’eredità familiare. L’orgoglio smisurato o la leggendaria eccentricità degli algerini, la bandiera che sventola in ogni occasione, sono diventati temi ricorrenti.

Orgoglio e pregiudizi

Una presa in giro non offensiva, ma affettuosa. Le battute sulle differenze tra la prima generazione d’immigrati e le successive sono i primi elementi che introducono con grande delicatezza un fenomeno ignorato ma presente nella società francese. La risata ha permesso di universalizzare alcuni temi e soprattutto di mostrarne significati diversi. “L’algerinità” ha avuto molto successo, prima nelle grandi città e poi in tutta la Francia. Si è scoperta l’autoironia, il tmeskhir, aspetto rilevante della cultura algerina e cavallo di battaglia di molti comici algerini: Redouane Bougheraba, Melha Bedia, Ahmed Sparrow, Malik Bentalha, Comte de Bouderbala, Lamine Lezghad detto Naïm, Wary Nichen, Réda Seddiki e così via.

L’algerino si presenta in scena senza filtri, con i suoi difetti e le sue qualità. Qualcosa che permette di controbilanciare i dibattiti xenofobi che rovinano la Francia. Questa scena artistica algerina, e più in generale magrebina, permette di sottolineare la possibilità di essere francesi e orgogliosi di esserlo senza mai nascondere la propria diversità. La comicità è un mezzo per raccontare il percorso degli immigrati e dei loro figli, per spiegare con le parole giuste la loro realtà e le loro difficoltà nella società francese, in cui gli è stato lasciato un posto ben definito.

La stand up ha permesso a questi artisti di coltivare l’orgoglio di avere una doppia cultura. Raccontare la propria vita intima e la propria storia familiare permette di andare contro l’idea falsa che un’origine magrebina sia irrilevante o addirittura una cosa di cui vergognarsi. Una convinzione diffusa in Francia. Prendiamo per esempio il fatto di parlare arabo e in particolare nei suoi vari dialetti. Questa competenza non è valorizzata in Francia.

Lamine Lezghad (Vincent Fournier, Jeune Afrique/Réa/Contrasto)

“Mi ricordo di un episodio alle scuole medie, quando cominciavamo a imparare le lingue straniere. Il nostro professore d’inglese ci aveva chiesto se conoscevamo già un’altra lingua. Io avevo subito risposto che parlavo algerino. Il mio professore mi aveva semplicemente detto: ‘Parlavo di una vera lingua’. Da quel giorno non ho detto più di capire l’arabo marocchino, la darija”, confida Halima, una ragazza di Lione di 32 anni. Come lei molti magrebini non hanno mai osato dare un valore a questa lingua, ma la stand up gli ha permesso di farlo. Del resto i comici non esitano a usare l’arabo sul palcoscenico e a spiegare parole o espressioni in arabo classico o in darija, come fa Wary Nichen sul palcoscenico o con i suoi video.

Questi comici assumono in un certo senso un ruolo di ambasciatori come in passato alcuni musicisti. Grazie al loro talento, che li ha resi universali, hanno potuto mettere in evidenza la loro duplice cultura, le loro serie personali e la loro eredità culturale.

Perché in realtà si tratta proprio di questo, di raccontare la molteplicità. Questi autori s’ispirano alle loro origini, ma non ne fanno l’unico elemento dei loro spettacoli. Sul palcoscenico parlano anche di quello che significa vivere a Parigi o a Marsiglia, come ha fatto Redouane Bougheraba. Di quello che significa arrivare in Francia per uno studente algerino, come ha fatto Réda Seddiki. La loro origine algerina o magrebina è solo uno strumento per raccontare una parte della loro vita. E la formula non funziona solo per un pubblico cha ha qualcosa a che fare con il Maghreb. Ovviamente le storie personali dei comici presentano delle somiglianze con quelle di milioni di altri figli d’immigrati. La loro comicità permette anche di far nascere un legame con altre culture. E può creare perfino un ponte fra il paese d’origine e quello in cui si vive.

Elementi universali

Le esperienze comuni sull’educazione “algerina in Francia” o “del cugino che l’estate andava in Algeria con le scarpe da ginnastica, le banane e il barattolo di Nutella”, hanno generato una simpatica complessità nella cultura condivisa tra le due rive del Mediterraneo. Ma anche degli evidenti spunti comici. Ormai non si nasconde più la propria differenza, al contrario la si esibisce.

Tra l’altro questo tipo di comicità ha un successo praticamente universale. Alcuni comici come Ahmed Sparrow o Redouane Bougheraba hanno fatto ridere il pubblico di festival come il Montreux comedy in Svizzera; Comte de Bouderbala è stato il primo artista franco-algerino a recitare al Comedy cellar di Manhattan, a New York; e Naïm si è esibito a un festival a Tel Aviv, in Israele, promettendo di rimanere se stesso senza censurarsi. Le serie hanno cominciato ad attingere a piene mani in questo vivaio di comici, diffondendo il loro talento in tutto il mondo attraverso le piattaforme di streaming. Drôle, su Netflix, ha permesso di raccontare questa Francia variegata seguendo il percorso di diversi attori di stand up che cercano di trovare un posto nella società. Il personaggio principale è interpretato dal rapper di origine algerina Younès Boucif, che si è ispirato ai suoi parenti. Anche l’interessante Me, Miskina di Melha Bedia, che mostra la realtà delle famiglie algerine e più in generale magrebine, ha conquistato un grande pubblico su Amazon Prime. “La serie mi è piaciuta perché per una volta ho avuto l’impressione di vedere qualcosa di simile alla realtà. Ci si ritrova nella vita quotidiana di una famiglia algerina nella Francia di oggi. Ogni componente è diverso, ogni personalità ha le sue particolarità, e tutto si mescola bene”, spiega Anissa, una marsigliese franco-algerina di 26 anni, che non ha alcun legame con la serie ambientata nella periferia parigina.

Queste produzioni, il seguito naturale del lavoro nato in scena, permettono di rimodellare l’immagine dei francesi di origine straniera. E la comicità riesce a far emergere una parte della società francese che non si ritrova nei mezzi di comunicazione tradizionali. ◆ adr

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Questo articolo è uscito sul numero 1504 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati