23 novembre 2015 16:29

In Argentina il conservatore Mauricio Macri ha vinto le elezioni presidenziali del 22 novembre con la promessa di aprire agli investitori un’economia oggi in difficoltà. Ha così messo fine a più di dieci anni di populismo di sinistra. Stanchi dello stile aggressivo della presidente uscente Cristina Fernández e delle sue politiche protezioniste che hanno frenato la crescita, gli argentini hanno accolto le promesse di Macri di liberalizzare la terza principale economia dell’America Latina e sradicare la corruzione.

Macri ha ottenuto il 51,4 per cento dei voti, contro il 48,6 di Daniel Scioli, suo rivale al ballottaggio ed esponente del partito al governo, un margine di vittoria minore rispetto alle attese. I suoi sostenitori si sono raccolti intorno al celebre obelisco nel cuore del quartiere dei teatri di Buenos Aires, mentre i clacson delle auto festeggiavano la vittoria. Nel quartier generale della campagna elettorale, inondato di musica latina e palloncini bianchi e azzurro cielo, Macri si è rivolto ai suoi sostenitori: “È l’inizio di una nuova era, che ci porterà verso le opportunità di crescita e progresso di cui abbiamo bisogno”.

La vittoria rappresenta un’incredibile svolta per Macri, che è stato sindaco di Buenos Aires per due mandati e solo un mese fa appariva come un candidato con pochissime possibilità di essere eletto. Il giuramento presidenziale avrà luogo il 10 dicembre.

Il risultato elettorale mette fine ai dodici anni di governi peronisti guidati da Fernández e da suo marito, il defunto Néstor Kirchner, una coppia di potere emersa dopo il clamoroso crollo dell’economia argentina tra il 2001 e il 2002.

Dipinto da Scioli come un neoliberista determinato ad anteporre gli interessi dei grandi gruppi industriali a quelli dei lavoratori, Macri è rimasto dietro al suo rivale nei sondaggi d’opinione durante tutti i mesi della campagna elettorale. Tuttavia, il mese scorso ha colto di sorpresa Scioli e il suo Frente para la victoria (Fpv), ottenendo una percentuale molto alta al primo turno. Da allora è diventato rapidamente il favorito: i sondaggi mostravano come gli elettori indecisi si stessero radunando sotto la sua coalizione Cambiemos.

Dal calcio alla politica

Inizialmente Macri si è costruito un nome come presidente del Boca Juniors, uno dei principali club calcistici argentini, diventando poi deputato e quindi sindaco di Buenos Aires.

La sua vittoria potrebbe provocare un’onda d’urto per gli altri governi con simpatie di sinistra del Sudamerica, come quelli di Venezuela e Brasile, i quali stanno affrontando a loro volta la fine del decennale boom delle materie prime e accuse di cattiva gestione finanziaria.

Il cinquantaseienne Macri, figlio di un magnate dell’edilizia italoargentino, riceve in eredità un’economia fragile: la crescita è sostenuta da una spesa pubblica insostenibile, le stime sull’inflazione sono molto superiori al 20 per cento e la banca centrale è pericolosamente a corto di riserve valutarie. L’Argentina è inoltre insolvente sul debito pubblico.

Macri ha promesso trattative serrate per ottenere un accordo che permetta al paese di accedere di nuovo ai mercati creditizi globali. Ha anche detto che farà tutto il necessario per smantellare la rete di controllo dei capitali e vincoli al commercio creata da Cristina Fernández. Ma se le sue riforme saranno troppo brusche, c’è il rischio che si scateni uno shock economico che potrebbe spingere il paese verso la recessione.

Scioli ha descritto le riforme pro-mercato di Macri come un “pericolo per la società”, mettendo in guardia gli elettori contro i tagli alle prestazioni sociali, l’aumento dei costi dell’energia e il ritorno alle politiche di destra degli anni novanta che hanno preceduto la crisi. Questo messaggio ha fatto presa su alcuni elettori.

Il favorito degli investitori

Macri ha vinto nonostante la reputazione di politico poco disponibile e la percezione, diffusa tra le classi più basse, di essere un capitalista poco interessato ad aiutare i poveri.

Con 43 milioni di abitanti, un prodotto interno lordo di 540 miliardi di dollari e un territorio dalle dimensioni simili a quelle dell’India, per lungo tempo l’Argentina non è stata all’altezza del suo potenziale. L’analista dei mercati emergenti statunitense Gary Kleiman, commentando il risultato delle elezioni, ha detto: “Gli investitori stranieri hanno avuto quel che volevano. La vittoria di Macri segna una netta rottura con l’eredità di Kirchner e Fernández, fatta di scontri coi creditori e cattiva gestione economica”.

La svolta decisa verso il centrodestra anticipata da queste elezioni sembra presagire legami più forti con gli Stati Uniti, l’Unione europea e con quei paesi della costa pacifica più improntati al libero scambio e con una crescita più elevata, come Cile e Perù. Tuttavia, per Macri la principale priorità in politica estera sarà ricostruire il rapporto di fiducia con il Brasile, con cui l’Argentina intrattiene complicate relazioni commerciale. Ha infatti dichiarato che la sua prima visita all’estero sarà un incontro con la presidente brasiliana Dilma Rousseff.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta sulla Reuters. Clicca qui per vedere l’originale.

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