02 marzo 2022 13:32

Il 22 febbraio il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha annunciato nel corso di una conferenza stampa il blocco dell’approvazione del gasdotto Nord stream 2, di proprietà russa, dopo che Vladimir Putin aveva riconosciuto le due entità separatiste del Donbass, nell’Ucraina sudorientale.

Il Nord stream 2 è un gasdotto da undici miliardi di dollari di proprietà dell’azienda energetica Gazprom, sostenuta direttamente da Mosca, e corre dalla Siberia alla Germania. Il progetto è stato realizzato per garantire una distribuzione di energia sostenibile nell’Unione europea particolarmente importante alla luce degli aumenti record dei prezzi del gas in Europa, che riceve più di un terzo del suo gas naturale dalla Russia.

Mentre il conflitto con l’Ucraina prosegue, i prezzi del gas europeo sono aumentati ulteriormente ed è probabile che Mosca possa interrompere le forniture di gas, considerate da più parti come una delle leve che Putin ha a sua disposizione contro l’occidente nella sua ossessione per l’Ucraina.

Reti alternative
Prima che si arrivi a questo, nelle prossime settimane i paesi europei faranno di tutto per trovare una rete alternativa di rifornimento. In realtà secondo alcune fonti gli Stati Uniti stanno già negoziando con il Qatar che potrebbe essere un sostituto fondamentale nella fornitura di gas all’Ue.

Tuttavia, nel corso di un vertice dei paesi esportatori di gas (Gefc) che si è svolto in Qatar il 21 e il 22 febbraio, il Gefc ha dichiarato che, nel caso di sanzioni contro la Russia, non sarebbe in grado di fornire una quantità considerevole di gas all’Europa in sostituzione di quello russo. È stata sottolineata la necessità di investimenti importanti nelle infrastrutture per il gas e di contratti di lungo termine per poter garantire una fornitura consistente verso l’Europa.

Si è così acceso un dibattito sulla possibilità per i paesi africani, che detengono alcuni tra i più profondi giacimenti di gas del mondo, di potersi fare avanti per riempire il vuoto, rispondendo a una domanda annua di 150-190 miliardi di metri cubi forniti abitualmente dalla Russia all’Europa.

La Tanzania ha un volume stimato di 1,6 miliardi di metri cubi di gas e afferma di essere al lavoro con la Shell per esportarlo in Europa e altrove

Di recente la presidente tanzaniana Samia Suluhu Hassan ha affermato che l’invasione russa in Ucraina potrebbe dimostrarsi un’opportunità per le vendite di gas, mentre il paese dell’Africa orientale tenta di assicurarsi un nuovo mercato per l’energia al di fuori dell’Africa. “Che si tratti di Africa, Europa o America, siamo alla ricerca di mercati”, ha dichiarato Hassan. “E per fortuna stiamo lavorando con compagnie europee”. La Tanzania – al sesto posto in Africa per le sue riserve di gas, per un volume stimato di 1,6 miliardi di metri cubi – afferma di essere al lavoro con la Shell per usare le sue enormi riserve di gas offshore ed esportarle in Europa e altrove.

Anche il più grande produttore di gas dell’Africa ha progetti simili. In occasione del vertice dei paesi esportatori di gas a Doha, il sottosegretario per il petrolio della Nigeria Timipre Sylva ha dichiarato ai mezzi d’informazione: “Vogliamo costruire un gasdotto trans-sahariano che porti il nostro gas in Algeria e da lì in Europa”. I commenti della Nigeria sono supportati dalla recente firma di un memorandum d’intesa con l’Algeria e con il Niger e dal proseguimento della costruzione del gasdotto trans-sahariano, lungo 614 chilometri con origine nella Nigeria del nord.

Non c’è alcuna ufficialità sulla data di completamento del gasdotto, di cui si è cominciato a parlare negli anni settanta, ma si prevede che attraverserà la Nigeria settentrionale, entrerà in Niger e arriverà in Algeria, per collegarsi infine all’Europa. Ci sono tuttavia incertezze circa la possibilità che i paesi africani possano offrire una soluzione temporanea adeguata per la fornitura di gas naturale mentre l’Europa si oppone al massacro militare lanciato dalla Russia contro uno dei suoi fornitori di lungo periodo.

Mancanza di infrastrutture
Secondo gli esperti, una mancanza storica di investimenti nelle infrastrutture per il gas ha ostacolato il settore energetico nell’Africa subsahariana, a differenza di quanto accaduto in Nordafrica.

Per esempio, il gasdotto Maghreb-Europa in Algeria – il più grande esportare di gas naturale dell’Africa – trasporta gas naturale attraverso il Marocco verso la Spagna e il Portogallo, e il gasdotto Medgaz collega l’Algeria direttamente alla Spagna. Secondo le stime degli esperti, nel 2020 l’Algeria ha esportato 225 milioni di metri cubi di gas in Spagna e prima di allora esportava ogni anno fino a 481 milioni di metri cubi. Il calo è dovuto a una flessione della produzione di gas successivo al deterioramento delle relazioni con il Marocco; lo scorso ottobre l’Algeria ha annunciato che avrebbe subito esportato il gas direttamente in Spagna.

Molti paesi africani con grandi riserve di gas hanno difficoltà ad attrarre investimenti per le infrastrutture necessarie

“È importante osservare che il Nordafrica ha un solido mercato di esportazione di gas con l’Europa [già da prima della crisi ucraina]”, ha affermato Linda Mabhena-Olagunju, avvocata esperta di petrolio e gas e amministratrice delegata del Dlo energy resource group, un produttore indipendente di energia con sede a Johannesburg, in Sudafrica. “L’incremento della capacità del gasdotto Medgaz [in Algeria] dovrebbe a sua volta accrescere le esportazioni verso l’Europa”.

Tuttavia molti paesi africani con grandi riserve di gas hanno anche avuto difficoltà ad attrarre investimenti per realizzare progetti di infrastrutture per il gas per rifornire i mercati europei.

L’Angola, che ha 382 miliardi di metri cubi di riserve accertate di gas, ha assistito a un forte calo della produzione di petrolio e gas negli ultimi cinque anni per una combinazione di problemi tecnici e operativi oltre che per una mancanza di investimenti e incentivi a monte.

Nel 2020 l’amministrazione nigeriana di Muhammadu Buhari ha annunciato il “decennio del gas”, un’iniziativa nigeriana per dare priorità al settore del gas e trarre vantaggio da una transizione globale verso combustibili più puliti. Nell’ambito di questo progetto, l’amministrazione ha avviato la costruzione del gasdotto Ajaokuta-Kaduna-Kano, lungo 614 chilometri e del valore di 2,5 miliardi di dollari. Gran parte dei finanziamenti proviene da un prestito contratto con banche cinesi.

Tuttavia, come in molti altri paesi africani, servono investimenti significativi per costruire gasdotti transregionali e intercontinentali per avere accesso all’Europa. E tutti hanno bisogno di ingenti quantità di capitale. La Nigeria spera che le nuove leggi promulgate lo scorso agosto potranno fornire un nuovo quadro normativo per abbattere sprechi e corruzione nel settore petrolifero, rimodellare i rapporti con la comunità ospite e attrarre infine investimenti. “La Nigeria al momento non è tra le principali destinazioni di investimenti nel settore del petrolio e del gas”, ha affermato Joe Nwakwue, ex direttore della Society of petroleum engineers in Nigeria ed ex consigliere del sottosegretario per il petrolio. “Ecco perché abbiamo spinto per includere nella legge un accordo fiscale”.

“Per affrontare la sfida infrastrutturale, inoltre, dobbiamo aprire il settore al capitale privato”, ha aggiunto. “Il nostro attuale oligopolio non sarà sufficiente, poiché la Nigerian national petroleum corporation non ha capitale per costruire le infrastrutture richieste”.

Mabhena-Olagunju ha inoltre osservato che anche l’uso di navi per trasportare il gas naturale liquefatto via mare potrebbe porre i paesi dell’Africa subsahariana in un’ottima posizione per farli diventare produttori ed esportatori competitivi.

Sicurezza nelle forniture
Ci sono altre questioni sostanziali a cui, secondo gli esperti, i paesi africani devono porre rimedio prima di poter essere un’alternativa pronta per l’Europa in situazioni di emergenza.

Il Mozambico ha circa 2.800 miliardi di metri cubi di riserve di gas naturale accertate e rappresenta circa l’1 per cento delle riserve mondiali. Tuttavia una ininterrotta insurrezione armata nella provincia settentrionale di Cabo Delgado, una regione ricca di gas al confine con la Tanzania, ha ostacolato i lavori a un progetto da 50 miliardi di dollari. Altrove un’ondata di minacce alla sicurezza provenienti da gruppi armati ha avuto un impatto sulle attività di prospezione nella regione nigeriana del delta del Niger, ricca di petrolio.

“La questione principale che rappresenta ancora una sfida per l’Africa se vuole diventare un produttore ed esportatore affidabile di gas naturale liquefatto è quella della sicurezza delle forniture”, ha spiegato Mabhena-Olagunju. “Le scoperte di giacimenti di gas naturale liquefatto in Mozambico sono un’ottima notizia, ma è altrettanto importante ammettere che quell’insicurezza provoca ritardi e instabilità nelle forniture”.

I paesi africani riusciranno ad affrontare la situazione?

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Questo articolo è uscito sul sito di Al Jazeera.

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