09 aprile 2022 08:53

Tra tutti i pianeti del nostro sistema solare, Saturno è forse il più bello. Merito di quegli anelli! Sono composti da fasce di acqua ghiacciata con tracce di particelle rocciose, che prendono la forma di una delicata aureola. Da vicino, brillano di rosa tenue, grigio e marrone, e risplendono nell’oscurità. È difficile immaginare Saturno senza i suoi anelli. Ma non sono una caratteristica permanente del pianeta, e in effetti stanno scomparendo.

Ogni anno gli anelli di Saturno perdono parte del loro materiale. Le micrometeoriti che li colpiscono e la radiazione solare disturbano i minuscoli frammenti polverosi degli anelli e li caricano di energia elettrica. Le particelle, trasformate all’improvviso, entrano in sintonia con le linee di forza del campo magnetico di Saturno e iniziano a muoversi a spirale lungo quelle traiettorie invisibili. Quando le particelle si avvicinano troppo allo strato più esterno dell’atmosfera di Saturno, la gravità le attira all’interno, ed evaporano nelle nuvole del pianeta.

Gli astronomi la chiamano ring rain, o “pioggia anulare”, e nel corso del tempo questo e altri fenomeni contribuiranno a far dissolvere l’elemento distintivo che, per noi, rende Saturno quello che è, finché non rimarrà più nulla. Ma ora? “Noi vediamo gli anelli di Saturno nel loro periodo d’oro”, spiega James O’Donoghue, scienziato planetario della Jaxa, l’agenzia spaziale giapponese. Uno spettacolo magnifico che dalla nostra prospettiva sembra immutabile, ma che su vasta scala è fugace.

Il grand tour della Voyager 1
Potrebbe essere d’aiuto sapere che ci vorrà un po’: O’Donoghue e altri scienziati stimano che gli anelli scompariranno tra circa 300 milioni di anni. Gli abitanti della Terra hanno ancora molto tempo per meravigliarsi della loro bellezza e per studiarli. Perché, anche se gli astronomi hanno capito che gli anelli sono una specie in via di estinzione, non sanno ancora tutto su queste fasce, a partire da come si sono formate.

Gli anelli di Saturno hanno affascinato gli osservatori per secoli, ma siamo riusciti a vederli davvero da vicino solo all’inizio degli anni ottanta, quando la navicella spaziale Voyager 1 della Nasa ci passò accanto durante un grand tour dei pianeti esterni (come vengono chiamati i pianeti che si trovano oltre l’orbita terrestre). All’epoca, gli scienziati immaginavano che gli anelli potessero essersi formati circa 4,6 miliardi di anni fa, quando il sistema solare era giovane e turbolento. In quel periodo, corpi rocciosi volavano ovunque, e un nuovo pianeta avrebbe potuto facilmente intercettarne alcuni, farli entrare in orbita attorno al proprio equatore e lasciare che la gravità li appiattisse.

Le misurazioni finali della sonda Cassini avevano confermato che gli anelli non erano abbastanza massicci per essere antichi di miliardi di anni

Ma il passaggio ravvicinato della Voyager suggeriva una storia diversa. Le immagini ad alta risoluzione inviate dalla sonda rivelarono che la massa degli anelli era inferiore a quella prevista dai ricercatori, quindi non potevano avere miliardi di anni, ma dovevano essere molto più giovani, probabilmente tra i dieci milioni e i cento milioni di anni. “Erano risultati assolutamente sconcertanti e bizzarri”, conferma Jeff Cuzzi, ricercatore della Nasa ed esperto di anelli planetari.

Prima si credeva che gli anelli di Saturno fossero antichi quanto il sistema solare stesso; ora invece sembrava che non esistessero quando i dinosauri cominciarono a vagare sulla Terra. Il sistema solare a quel punto si era calmato, quindi Saturno dove aveva trovato la materia prima? “Le probabilità che in tempi recenti un evento abbia portato alla formazione degli anelli” (nel linguaggio degli astronomi in tempi recenti significa negli ultimi cento milioni di anni o giù di lì) “sono molto basse”, dice Paul Estrada, un ricercatore della Nasa che studia gli anelli di Saturno. Eppure, osservazioni effettuate negli ultimi anni supportano questa ipotesi. Nel 2017, la sonda Cassini della Nasa ha sfiorato gli anelli di Saturno e ci ha inviato quante più informazioni possibili prima di tuffarsi nell’atmosfera del pianeta ed essere distrutta. Le misurazioni finali hanno confermato ciò che avevano rilevato le due missioni Voyager, cioè che gli anelli non sono abbastanza massicci per essere antichi.

Sensazioni spaziali
La comunità scientifica non concorda sulla loro origine. Ma nell’ipotesi che siano davvero “giovani”, secondo gli scienziati è probabile che si siano formati quando una delle lune di Saturno, a sua volta molto vecchia, si avvicinò troppo al pianeta e fu fatta a pezzi. È verosimile che la luna fosse piccola: in confronto, dalla nostra luna si potrebbero ricavare migliaia di sistemi di anelli simili a quello di Saturno, afferma O’Donoghue.

La storia degli anelli di Saturno ci ricorda che i mondi del nostro sistema solare, per quanto immobili e statici possano sembrarci, in realtà sono luoghi dinamici, con storie drammatiche. “Pensiamo che l’universo là fuori – al contrario di questo, dove viviamo e dove tutto è caotico, disordinato e cambia in continuazione – sia una specie di cristallo immutabile”, commenta Cuzzi. Da lontano, gli anelli di Saturno sembrano così solidi, simili a un cornicione dal quale potresti far dondolare le gambe. Ma non lo sono affatto. “Le particelle da cui sono composti si muovono lentamente e si scontrano tra di loro”, racconta Linda Spilker, planetologa del Jet propulsion laboratory della Nasa che ha lavorato alla missione Cassini. “E ci sono delle scie create da piccole lune”. Quando la sonda Cassini si è infilata tra Saturno e gli anelli, “siamo stati in grado di misurare la quantità di materiali che da ogni anello si dirigono verso il pianeta”, dice. La missione Voyager, a cui ha lavorato anche Spilker, aveva già raccolto delle prove sul distacco di materiali dagli anelli in direzione di Saturno, ma con la Cassini gli astronomi hanno potuto studiare davvero il fenomeno ed elaborare delle stime più precise sulla durata degli anelli.

Alcune centinaia di milioni di anni sono un tempo molto lungo. Eppure provo una fitta di tristezza ben precisa all’idea che Saturno perderà i suoi anelli. Lo stesso vale per alcuni degli astronomi con cui ho parlato, e per altre persone che non sono affatto astronomi ma che sono cresciute con l’immagine molto chiara di Saturno come “il pianeta con gli anelli”. Ho sperimentato un’emozione simile quando ho saputo che la Luna si sta lentamente allontanando dalla Terra; che un piccolo drone ha tentato senza successo di decollare nell’atmosfera di Marte; che una cometa interstellare ha viaggiato per milioni di anni senza sentire il calore di una stella. Sono arrivata a considerare queste reazioni come “sensazioni spaziali”. Nessuno di questi eventi ha una reale attinenza con la nostra vita quotidiana, eppure ci tocca il cuore a livelli cosmici. “È tristissimo pensare che in futuro gli anelli debbano scomparire”, dice O’Donoghue. Ma “sono molto felice perché abbiamo la fortuna di vederli”.

Magari un giorno, dopo che si saranno dissolti, l’universo fornirà a Saturno un nuovo set di anelli. “Forse grazie un evento di qualche tipo – la distruzione di un’altra luna, una cometa che si avvicina troppo – potrebbe ricominciare tutto da capo”, commenta Spilker. “Forse vedremo ancora degli anelli intorno a Saturno”.

Dopo tutto, il cosmo è un designer di gioielli: anche Giove, Urano e Nettuno hanno degli anelli. Sono tenui e vaporosi, ma sono lì, ed è probabile che fossero decisamente più massicci molto tempo fa, prima che un misterioso meccanismo li riducesse, sostiene O’Donoghue. Le forze del cosmo sono già al lavoro sulla prossima caratteristica da aggiungere al sistema solare. Tra i venti milioni e gli ottanta milioni di anni a partire da oggi, Fobos, una piccola luna di Marte, probabilmente si disintegrerà. I frammenti vorticheranno intorno al pianeta rosso e prenderanno una nuova, bellissima disposizione. Immaginatevi Marte con degli anelli.

(Traduzione di Davide Musso)

Questo articolo è uscito sul mensile statunitense The Atlantic.

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