06 maggio 2023 09:13

La gentilezza e l’amabilità, per quanto siano due qualità eccellenti, non sono la stessa cosa. Chi è gentile si comporta bene con gli altri, mentre chi è amabile cerca di essere cordiale e benevolo. Non sempre questi due aspetti vanno insieme. Qualcuno, per esempio, sostiene che i newyorchesi siano gentili ma non amabili (“Hai una gomma a terra, deficiente. Passami il cric!”), mentre i californiani sarebbero amabili ma non gentili (“Mi pare che lei abbia una gomma a terra. Buona giornata!”).

Nonostante le differenze pratiche tra questi due tratti caratteriali, i sociologi di solito non separano l’amabilità dalla gentilezza, ma le accorpano in un’unica qualità, il “comportamento prosociale”. Questa categoria comprende azioni come aiutare gli altri senza alcuna richiesta né ricompensa, fare beneficienza e rivolgere un complimento a qualcuno. Diverse ricerche indicano che il comportamento prosociale favorisca la felicità più delle azioni volte a procurare piacere a se stessi. È vero anche l’inverso: un recente esame della letteratura accademica ha rivelato che le persone più felici agiscono in maniera più prosociale. In sostanza, per il nostro benessere, abbiamo ottime ragioni per essere gentili.

Sfortunatamente non sempre ci riusciamo. Di solito ci comportiamo male perché gli altri non sono gentili con noi. Per esempio, può capitarci di voler essere più gentili con il partner e cominciare la giornata con le migliori intenzioni. Ma poi, a colazione, il partner ci dice con la massima disinvoltura qualcosa che interpretiamo come una critica. Così reagiamo bruscamente, provocando la rabbia dell’altro. E cominciamo a litigare. Il modo migliore per evitare questa spirale negativa è quello di avviare e rafforzare un meccanismo opposto, quello in cui la gentilezza produce felicità e la felicità, a sua volta, produce gentilezza.

La maggior parte di noi si considera gentile nei confronti degli altri. Secondo uno studio britannico il 98 per cento delle persone pensa di essere più amabile della media. Se fosse vero (e matematicamente possibile) aiuteremmo costantemente i nostri vicini, diventeremmo sempre più felici e di conseguenza vorremmo aiutare ancora di più gli altri. Questo è il principio del circolo virtuoso prosociale.

Purtroppo è facile che questa catena si interrompa. A volte succede per caso: mentre facciamo la spesa riceviamo un messaggio con cui scopriamo che nostro figlio ha preso un brutto voto in matematica, così ci mostriamo impazienti con il cassiere. Ma in molti casi la colpa è di persone negative che vogliono punire il comportamento prosociale e trasformano i buoni sentimenti in emozioni ostili.

Negli anni duemila, per esaminare questo fenomeno in laboratorio, i ricercatori hanno condotto “esperimenti per il bene pubblico” in sedici comunità sparse per il mondo. Si trattava di esperimenti in cui i soggetti dovevano decidere se contribuire pubblicamente e volontariamente a una serie di investimenti i cui benefici sarebbero stati distribuiti a tutto il gruppo a prescindere dall’offerente iniziale. In queste situazioni i partecipanti possono reagire ai contributi degli altri o accettandoli o ricorrendo ad azioni punitive. I ricercatori hanno riscontrato che nelle comunità senza solide norme di collaborazione civica, gli attori antisociali punivano i contribuenti più generosi.

Intuitivamente siamo tutti capaci di riconoscere questi sabotatori della gentilezza-felicità. In uno studio del 2014 intitolato “I troll vogliono soltanto divertirsi”, tre psicologi hanno analizzato il comportamento delle persone che amano pubblicare materiale negativo e offensivo online soltanto per dare fastidio. I ricercatori hanno scoperto che l’attività di “trolling” si collegava a tratti negativi della personalità come la psicopatia e il machiavellismo (due elementi della cosiddetta “triade oscura”). Ulteriori ricerche hanno confermato che circa il 7 per cento della popolazione presenta personalità legate alla triade oscura. In altre parole, i troll sono tra noi.

Anche se non possediamo questi tratti, nei momenti in cui veniamo puniti per la nostra gentilezza è molto probabile che reagiremo a tono. Ecco come si traduce tutto questo nella vita reale: immaginiamo di cominciare la giornata con tutte le intenzioni di comportarci gentilmente e la convinzione che grazie a questo impegno otterremo la felicità come ricompensa. Con questo proposito, pubblichiamo qualcosa di positivo su un social network, nel tentativo di rallegrare la giornata di qualcuno. Come è ormai quasi inevitabile – a dimostrazione del fatto che i social network sono una comunità a bassissima cooperazione – riceviamo una risposta aggressiva: un utente sostiene che il nostro intervento sia del tutto idiota. Improvvisamente innervositi, rispondiamo a nostra volta con un insulto. E così via.

Per fare in modo che le nostre buone intenzioni arrivino alla fine della giornata, dobbiamo proteggere il circolo virtuoso ed evitare i sabotatori. Ecco tre strategie per restare sul cammino della gentilezza e della felicità.

  1. Avviate (e riavviate) il circolo virtuoso

Cominciate ogni giornata con l’impegno a trattare gli altri con gentilezza. Mettete in pratica i buoni propositi con un atto concreto di bontà, da compiere il prima possibile. Per esempio, nel tragitto mattutino da casa al lavoro, date la precedenza a qualcuno nel traffico e sorridetegli mentre lo fate. È molto probabile che vi sentirete felici.

Se qualcuno interrompe il circolo virtuoso, ricordate che la vostra reazione può farlo ripartire. Per esempio, se come me vivete a Boston, le probabilità che la persona a cui avete dato la precedenza nel traffico vi mostrerà il dito medio sono equivalenti a quelle di un normale ringraziamento. In una situazione simile evitate di reagire in modo istintivo, e dite a voi stessi “non permetterò che questa persona interrompa il mio circolo virtuoso della felicità”. Se vi sembra assurdo, ridete di voi stessi. E fatelo comunque.

  1. Evitate le interruzioni

Alcune interruzioni del circolo virtuoso sono inevitabili. Ma potete “imbrogliare” il sistema allontanandovi dagli ambiti della vita che tendono a essere dominati dalle persone che amano sabotare la serenità altrui. Se il vostro ambiente di lavoro è popolato dai troll, cercate un altro impiego. Se vivete in una città o in un quartiere con bassi livelli di cooperazione e uno spirito generalmente poco amichevole, valutate la possibilità di trasferirvi altrove. Naturalmente è bene che esaminiate il vostro utilizzo dei social network per verificare che superi il test dei costi-benefici per il vostro benessere. Forse potreste utilizzare anche una piattaforma con abitudini più gentili rispetto a quella che frequentate in questo momento (a cui forse sarà il caso di dire definitivamente addio).

  1. Non sabotate il circolo virtuoso

Sfortunatamente, anche se non siete troll, ci sono buone probabilità che di tanto in tanto possiate sabotare il circolo virtuoso della gentilezza-felicità degli altri. A volte, quando state vivendo una brutta giornata, la gentilezza di qualcun altro può risultarvi fastidiosa, spingendovi a reagire nel modo sbagliato.

Mentre trascorrete la vostre giornata dovete sempre ricordare che il circolo virtuoso è molto fragile, e che le risposte che date agli altri non sono soltanto “reazioni sbagliate”. Quando vi lasciate andare, riconoscete di averlo fatto e chiedete scusa. Questo piccolo atto di pentimento potrebbe far ripartire il circolo virtuoso, spingendo voi (e l’altra persona) sulla strada giusta verso la felicità. Per esempio, se fraintendete il commento del partner a colazione o se aggredite verbalmente il cassiere, scusatevi immediatamente e fate qualcosa di bello per la persona verso cui siete in torto.

Ovviamente il circolo virtuoso opera a livello individuale. Ma può anche diffondersi attraverso reti di persone e modificare un’intera cultura. Credo che gli Stati Uniti siano imprigionati in un circolo vizioso di infelicità e comportamento ostile. La politica, per esempio, è dominata dall’ostilità. Le persone che non seguono la politica non riescono comunque a sfuggire alle notizie quotidiane, che sono ormai diventate un geyser di cattive notizie. Secondo un articolo pubblicato nel 2022 dalla rivista scientifica Plos One, negli ultimi vent’anni il linguaggio dei titoli dei giornali ha incrementato gli elementi di rabbia, disgusto, paura e tristezza.

Queste interruzioni costanti del ciclo della gentilezza-felicità a livello nazionale, riducono il buon umore degli individui: i cittadini insoddisfatti sostengono politici negativi e seguono mezzi di comunicazione rabbiosi, ottenendo in cambio un aumento della propria insoddisfazione. Potremmo perfino insinuare che il sistema rischia di portare al comando del paese un troll che si nutre di negatività (o forse l’ha già fatto…).

La soluzione, se vogliamo essere all’altezza del compito, è quella di interrompere questa maledizione culturale con un programma politico che lavori per la maggioranza anziché contro gli avversari, con mezzi di comunicazione che cerchino di elevare l’opinione pubblica e leader che s’inseriscano in una corrente positiva, lontani dagli estremismi rabbiosi.

Certo, un futuro di questo tipo non farebbe scomparire magicamente i nostri problemi. I disaccordi legittimi continueranno sempre a dividerci, e i troll cercheranno di fomentarne altri, molto meno legittimi. Ma i disaccordi non diventerebbero così spesso insulti e minacce, e i troll avrebbero meno potere.

Detto questo (come probabilmente deciderete di postare commentando questo articolo), tutto quello che ho scritto potrebbe sembrarvi completamente idiota. Nel qual caso, vi auguro una buona giornata, di cuore.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è stato pubblicato sul sito della rivista The Atlantic.

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