23 gennaio 2018 15:30

Sono passati tre giorni da quando l’esercito turco è entrato in Siria. L’azione è cominciata dopo che Ankara ha avvertito il resto del mondo delle sue intenzioni. E la decisione è stata presa perché gli americani hanno annunciato di voler creare nel nord della Siria, lungo la frontiera turca, una forza permanente composta essenzialmente da combattenti curdi, che potrebbero approfittarne per affermare un Kurdistan siriano la cui nascita potrebbe risvegliare l’irredentismo dei curdi di Turchia.

Questo intervento militare nasce insomma dalla ragione di stato. È facile comprendere la paura dei turchi di vedere i curdi presenti nel loro paese seguire l’esempio dei cugini in Iraq e in Siria, riducendo l’estensione territoriale della Turchia. Forse Ankara non aveva scelta, ma di sicuro questo intervento non porterà assolutamente a nulla.

Magari i turchi assumeranno il controllo di un lembo di terra profondo 30 chilometri. È la loro intenzione, ma oltre al fatto che potrebbero non riuscire a conservarlo, sicuramente non faranno cambiare idea agli statunitensi.

Gioco di forza tra Washington e Mosca
Il Pentagono e il dipartimento di stato, i ministeri della difesa e degli esteri che tendono sempre di più a definire la politica degli Stati Uniti mentre Donald Trump si dedica a Twitter, hanno deciso di appoggiarsi ai curdi per impedire a Bashar al Assad di riconquistare la totalità del territorio siriano.

In questo modo gli statunitensi vogliono evitare che i russi tornino in Medio Oriente sull’onda di una vittoria completa e soprattutto che gli iraniani proseguano la loro avanzata nella regione a scapito dei paesi sunniti e di Israele. Per gli Stati Uniti è un obiettivo essenziale a cui non intendono rinunciare, tanto più che la Turchia li sta irritando riavvicinandosi alla Russia e all’Iran nonostante faccia parte della Nato dall’inizio degli anni cinquanta.

Sempre più in difficoltà sulla scena internazionale, il presidente turco che si è trasformato in dittatore, Recep Tayyip Erdoğan, si regala una parata militare in Siria, ma la verità è che lo aspetta l’ennesimo fallimento.

Erdoğan non è riuscito a convincere la Francia e la Germania a permettergli di entrare nell’Unione europea. Le rivoluzioni arabe hanno compromesso la sua ambizione di ricostituire l’impero ottomano attraverso la proiezione delle imprese turche in tutto il Medio Oriente. Ankara ha fatto fronte comune con Mosca e Teheran per evitare la nascita di un Kurdistan siriano ed ecco che questo Kurdistan potrebbe nascere grazie agli americani.

Erdoğan sta perdendo tutte le sue scommesse, e così facendo danneggia il suo paese, ormai senza più alleati né orizzonti chiari.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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