24 settembre 2018 11:52

Il presidente francese Emmanuel Macron incontrerà oggi a New York quello statunitense, Donald Trump, a margine dell’assemblea generale delle Nazioni Unite. In quest’occasione torna a ripresentarsi la domanda a cui il mondo intero cerca di rispondere da quasi due anni: come parlare con Trump?

Macron, dopo la sua elezione nel 2017, ha cercato di stringere un rapporto personale con il presidente degli Stati Uniti, che era stato eletto poco prima di lui. Ricordiamo bene la virile stretta di mano al G7 di quell’anno, e la partecipazione di Trump e la moglie alla sfilata del 14 luglio a Parigi, a cui è seguita una cena intima delle due coppie presidenziali sulla torre Eiffel.

La scorsa primavera il presidente francese è stato il primo a essere invitato da Trump per una visita di stato a Washington: quarantott’ore di sguardi e body language, il linguaggio del corpo a cui gli americani sono così attenti, fino all’incredibile gesto di Trump, che con il dorso della mano ha scrollato via della polvere dalla giacca di Macron.

Consigli inascoltati
Purtroppo tutto questo non è servito a molto. Macron non ha potuto impedire il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi sul clima né dall’accordo sul nucleare iraniano. Trump non ha tenuto conto di nessun consiglio e ha umiliato i suoi alleati costringendo alcune grandi aziende a interrompere i rapporti commerciali con l’Iran considerato il carattere extraterritoriale di alcune sanzioni statunitensi. L’unilateralismo nella sua versione più brutale.

Quindi per Macron è stato un fallimento, anche se nessuno gli può rimproverare di averci provato. La domanda cruciale, in ogni caso, resta: come convivere con un alleato che si comporta da predatore ma da cui per volti versi continuiamo a dipendere?

L’era della familiarità con Donald Trump è finita, anche se il presidente francese vuole continuare ad approfittare della sua posizione ambigua di principale interlocutore occidentale. Oggi, per motivi diversi, né la cancelliera tedesca Angela Merkel né la premier britannica Theresa May sono in grado di svolgere questo ruolo.

In ogni caso la Francia cerca di prendere le distanze ed esprimere il suo disaccordo, come ha fatto il ministro degli esteri Jean-Yves Le Drian in un’intervista rilasciata a Le Monde, in cui ha criticato chi non rispetta la parola data “manipolando” i fatti. Il ministro ha inoltre evocato un’alleanza tra “le potenze di buona volontà” (oltre all’Europa, India, Canada, Australia, Giappone, Messico e Corea del Sud) tra le quali non ci sono gli Stati Uniti.

Macron vuole spingere l’Europa verso un’“autonomia strategica” che le permetterebbe di fare leva su un’America che, al di là di Trump, non ha più lo stesso ruolo sulla scena mondiale. Il problema è che il presidente francese è indebolito dalle divisioni europee e dalle sue difficoltà personali.

In questo senso l’incontro di New York potrebbe servire a trovare un’intesa su argomenti dove può esistere una convergenza, come la Siria o il Sahel, limitando i danni sul resto. Per Macron, Trump è ormai l’amico che ci vuole male.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questa rubrica è uscita su France Inter.

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