20 dicembre 2018 11:08

Nell’equazione complicata della Siria, Donald Trump segue concetti semplici. Il presidente degli Stati Uniti ha infatti deciso di ritirare i duemila soldati americani dalla Siria contro il parere di parte della sua amministrazione, del ministro della difesa Jim Mattis, del consulente per la sicurezza John Bolton e di parte dei parlamentari repubblicani del congresso.

La settimana scorsa un emissario degli Stati Uniti aveva dichiarato che le truppe sarebbero rimaste in Siria “nel futuro prevedibile”. Ma la situazione è cambiata rapidamente.

La partenza dei soldati ha una conseguenza diretta: così facendo, gli statunitensi abbandonano i loro alleati curdi che hanno ricoperto un ruolo decisivo nella riconquista di Raqqa e dei territori in mano al gruppo Stato islamico (Is). I combattenti curdi hanno ormai ripiegato nelle zone del nordest della Siria, protetti dai militari statunitensi.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan minaccia da diversi giorni di attaccare le forze curde siriane legate al Pkk, il Partito dei lavoratori curdi di Turchia, suo nemico giurato. Fino alla mattina del 19 dicembre, i mezzi d’informazione vicini a Erdoğan affermavano che si tratta di un’offensiva “vitale” per la sicurezza della Turchia, criticando per l’ennesima volta il sostegno accordato da Washington ai curdi. Il ritiro statunitense è dunque un trionfo per Erdoğan e rischia di spingere i combattenti curdi tra le braccia di Bashar al Assad, con cui i ponti non sono mai stati completamente tagliati.

La decisione suscita inoltre l’imbarazzo della Francia, che mantiene circa duecento uomini delle sue forze speciali nella zona e ha promesso di proteggere i curdi. Parigi dovrà prendere una decisione difficile dopo il ritiro degli Stati Uniti.

Trump ha annunciato anche la sua controverità, e cioè che il gruppo Stato islamico è stato sconfitto

Come sua abitudine, Trump ha annunciato attraverso Twitter la sua inversione di rotta, che per la sua base elettorale isolazionista presenta tutti i vantaggi di un disimpegno dall’ennesimo conflitto in Medio Oriente.

Ma il presidente, nel suo tweet, ha annunciato una controverità affermando che il gruppo Stato islamico è stato sconfitto e che il gruppo era l’unico motivo della presenza dei soldati statunitensi nel paese.

Effettivamente l’Is ha perso il grosso dei territori che un tempo controllava in Iraq e in Siria, ma non è stato definitivamente debellato. La posizione di Trump ricorda il “missione compiuta” di George Bush in Iraq, seguito da molti anni di guerra.

Il disimpegno di Washington potrebbe scatenare il caos nella regione. Donald Trump non ha ascoltato i suoi consiglieri che non volevano privare gli Stati Uniti di un ruolo chiave nella definizione del dopoguerra in Siria.

Ritirandosi prima che sia trovata una soluzione politica, gli Stati Uniti lasciano alla Russia e all’Iran la possibilità di godere dei frutti del loro intervento decisivo a sostegno di Assad. Teheran e Mosca hanno dato il via libera alla Turchia, che ora potrà allargare la sua zona di sicurezza nel nord della Siria, a spese dei curdi.

Questa evoluzione sconvolge i sostenitori di una politica repubblicana classica a Washington, che continuano a ragionare in funzione di uno scacchiere politico-militare mondiale segnato dalla rivalità delle potenze. Evidentemente tutto questo non interessa affatto a Trump. E tanto peggio per i curdi.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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