21 gennaio 2019 10:26

La polemica scatenata dall’estrema destra francese attorno alla firma di un nuovo trattato franco-tedesco, in programma il 22 gennaio a Parigi, ha assunto dimensioni impreviste e significative molto rivelatrici del modo attuale di fare politica. Possiamo trarne tre insegnamenti.

Primo insegnamento: in Francia la campagna per le europee di maggio è già partita e promette di essere particolarmente ruvida. Marine Le Pen, leader del Rassemblement national (estrema destra), e Nicolas Dupont-Aignant, ex candidato sovranista alla presidenza in passato alleato di Le Pen, hanno strumentalizzato il trattato, criticandolo e facendo ricorso alla “post-verità” molto in voga di questi tempi, in cui la realtà conta meno dei fatti alternativi che vengono affermati con ardore.

I due politici francesi hanno deciso di trasformare il testo del trattato in un atto d’accusa nel processo per “tradimento globalista” contro il presidente Emmanuel Macron. E poco importa se è completamente falso che le regioni francesi di Alsazia e Lorena saranno “vendute” alla Germania o che la Francia si prepara a condividere il suo seggio al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con Berlino (entrambe tesi sostenute da Le Pen e Dupont-Aignant, di cui la seconda, oltre a non avere alcun riferimento nel testo, sarebbe vietata dalla Carta dell’Onu)

Infiammare gli animi
Ciò che conta è il messaggio di fondo: sarebbe un atto di tradimento rafforzare la cooperazione con la Germania, un processo che sta al centro della politica estera francese da mezzo secolo. È paradossale, considerando che l’opinione pubblica è largamente favorevole a questa collaborazione. Ma l’importante è infiammare gli animi.

Secondo insegnamento: il governo è stato totalmente preso alla sprovvista da questa campagna. È sorprendente, anche perché a novembre la stessa disinformazione aveva circondato il patto di Marrakesh sull’immigrazione, firmato a dicembre. Evidentemente il governo non ha imparato dal passato. Il testo del trattato franco-tedesco è stato pubblicato online sui siti ufficiali francesi solo il 18 gennaio, dunque dopo lo scoppio della polemica. Nella nostra epoca, un testo ufficiale non disponibile alla pubblica lettura dimostra che c’è qualcosa da nascondere.

Inoltre la scelta di divulgare un testo grezzo senza un minimo di spiegazioni – che cosa c’è di nuovo? Cosa accadrà all’Onu? – impedisce di smentire affermazioni perentorie.

Terzo insegnamento: in quest’epoca di sfiducia, la politica estera deve uscire dal suo ghetto. In diversi scambi di opinioni che ho avuto con i lettori dopo la pubblicazione della mia rubrica del 18 gennaio, ho risposto a cittadini francesi che non si erano mai interessati ai rapporti franco-tedeschi e che, nell’attuale ricerca di democrazia diretta, si indignavano per il fatto di non essere stati consultati. E non è sufficiente rispondere a queste persone che il trattato non cambia quasi nulla.

Questi cittadini, per esempio, si sono stupiti di trovare nel testo la promessa di assistenza tra la Francia e la Germania in caso di aggressione armata nei confronti di uno dei due paesi, senza sapere che funziona così da decenni nel quadro della Nato e dell’Unione europea. La Francia, tra l’altro, ha fatto ricorso alla solidarietà automatica degli altri componenti dell’Unione (articolo 42 dei trattati europei) in occasione degli attentati terroristici del 13 novembre 2015.

Ci sono abbastanza motivi per indignarsi, in questo mondo. Non c’è bisogno di inventarli. Ma senza dubbio serve una migliore informazione sulle decisioni, anche su quelle che nella sostanza sono più simboliche che altro.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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