12 giugno 2019 11:53

A quanto pare è possibile far arretrare Vladimir Putin. Questa è la grande lezione che possiamo trarre dal voltafaccia delle autorità giudiziarie russe, che l’11 giugno hanno cancellato le accuse inverosimili nei confronti del giornalista Ivan Golunov.

Il giovane reporter del sito indipendente Meduza, che indagava sulla corruzione all’interno della polizia, è stato arrestato e malmenato dai poliziotti per essersi rifiutato di firmare una confessione. Attualmente Golunov è accusato di traffico di stupefacenti su larga scala.

La reazione della società civile russa è stata immediata, forte ed efficace. I colleghi di Golunov nella cerchia ristretta dei mezzi d’informazione indipendenti si sono mobilitati per contrastare un’accusa inventata di sana pianta. Il 10 giugno tre quotidiani indipendenti hanno pubblicato la stessa prima pagina con il titolo: “Siamo tutti Ivan Golunov”, e 25mila persone erano attese alla manifestazione organizzata la sera dell’11 giugno a Mosca. È una cifra consistente in un paese dove il governo non reagisce bene alle contestazioni.

Faccenda imbarazzante
Il Cremlino ha voluto mettere fine alla vicenda, di sicuro perché l’iniziativa non veniva dal vertice ma da poliziotti che si considerano invulnerabili e che invece sono stati sanzionati.

Il governo russo ha preso le distanze da una faccenda tanto più imbarazzante considerando che Putin stava partecipando al forum di San Pietroburgo per migliorare l’immagine della Russia. Un segnale forte è arrivato da Margarita Simonyan, caporedattrice dell’emittente televisiva del Cremlino Russia Today, che ha perorato la causa del giornalista.

Dato che Putin non ha l’abitudine di arretrare davanti alle pressioni, i colleghi del giornalista si chiedevano se il presidente si sarebbe spinto fino a sconfessare i suoi poliziotti. È esattamente quello che Putin ha fatto il 10 giugno.

È già capitato che la società civile russa riuscisse a mobilitarsi e a farsi sentire, ma di solito è stata ridotta al silenzio da un regime intollerante. Detto questo, la Russia non è un regime granitico come la Cina. Esiste un manipolo di mezzi d’informazione indipendenti, coraggiosi e ostinati e di attivisti a cui le autorità rendono la vita molto difficile tendendo trappole come quella architettata ai danni di Golunov.

La vicenda Golunov ci ricorda fino a che punto è pericoloso voler fare informazione libera in Russia

Purtroppo esistono altri casi, lontano da Mosca, che non ricevono la stessa attenzione mediatica. Igor Roudnikov, giornalista d’inchiesta dell’enclave di Kaliningrad, è accusato di appropriazione indebita e sarà giudicato il 17 giugno. Rischia dieci anni di reclusione in un campo di lavoro. Reporter senza frontiere ne ha chiesto l’assoluzione.

La vicenda Golunov ci ricorda fino a che punto è pericoloso voler fare informazione libera in Russia. Ricordiamo tutti Anna Politkovskaja, la giornalista assassinata a Mosca nel 2006. Ma ci sono anche buone notizie e la liberazione di Golunov è sicuramente una di queste.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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