06 dicembre 2019 13:59

Donald Trump è tornato piuttosto ringalluzzito dal vertice della Nato a Londra, come si evince chiaramente dal suo profilo Twitter. Rientrato negli Stati Uniti, il presidente si è scagliato con una serie di tweet contro i “democratici buoni a nulla” che il 5 dicembre hanno compiuto un passo decisivo sulla via verso la sua destituzione, quantomeno alla camera dei rappresentanti che attualmente controllano (al senato la maggioranza è dei repubblicani e dunque è tutta un’altra faccenda).

Trump si è vantato dei risultati ottenuti a Londra: “Nessun presidente ha fatto così tanto in così poco tempo”, ha scritto rivolgendosi ai suoi 67 milioni di follower. Tuttavia, se ha deciso di partire all’attacco è perché il vertice non è andato benissimo per lui, proprio adesso che un po’ ovunque si cerca di indebolirlo nella procedura di destituzione.

Joe Biden, il suo rivale democratico, ha ripostato appena è uscito un video con le immagini in cui il primo ministro canadese Justin Trudeau prende in giro Trump. L’America di Trump è oggetto di scherno all’estero, insinua Biden. Il presidente, invece, ribadisce che il paese non è mai stato così rispettato.

Giuliani a Kiev
La vicenda ucraina resta cruciale. Il 5 dicembre gli americani si sono chiesti cosa ci facesse in settimana a Kiev l’avvocato personale di Trump, Rudy Giuliani, personaggio chiave di tutta la faccenda. La presenza di Giuliani è particolarmente significativa in un momento in cui il presidente ucraino è impegnato in una delicata partita con la Russia. Il 9 dicembre, infatti, Volodymyr Zelenskyj e Vladimir Putin si vedranno a Parigi per incontrare i rappresentanti di Francia e Germania e tentare di uscire dall’impasse del conflitto russo-ucraino.

E sempre il 5 dicembre il New York Times scriveva che gli oppositori del presidente ucraino temono che Zelenskyj, proprio a causa dello scandalo statunitense, faccia troppe concessioni a Putin. Una tempesta a Washington, insomma, potrebbe avere ripercussioni dall’altra parte del mondo.

Un primo test potrebbe arrivare dalla Corea del Nord, dove il suo “amico” Kim Jong-un minaccia di rompere i contatti con Washington

Donald Trump ha una sola priorità: respingere l’assalto democratico e vincere le elezioni dell’anno prossimo, e la politica estera non è che uno dei tanti strumenti a sua disposizione. Possiamo prevedere che prenderà le sue decisioni in campo internazionale solo per trarne un vantaggio in patria? È molto probabile, anche se il presidente è costretto ad agire rispettando un sistema che non gli permette di fare tutto ciò che vuole.

Un primo test potrebbe arrivare dalla Corea del Nord, dove il suo “amico” Kim Jong-un minaccia di rompere i contatti con Washington. In settimana Kim, in sella a un cavallo bianco, ha visitato una montagna sacra, segno che si prepara a prendere una decisone importante prima della fine del mese. Come reagirà Trump, dopo aver presentato il suo dialogo con Pyongyang come una grande iniziativa diplomatica? Molti temono che la sua risposta possa essere sproporzionata…

Assediato sul fronte interno, Trump è costretto a vantare successi su quello esterno. Anche quando questi successi non esistono.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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