07 settembre 2020 09:56

Il tentato omicidio dell’oppositore russo Aleksej Navalnyj si sta trasformando in un momento della verità tra la Russia e la Germania, che di conseguenza coinvolge anche il resto d’Europa. Da quando Angela Merkel in persona ha rivelato, il 2 settembre, che Navalnyj è stato avvelenato con il Novichok, un prodotto considerato come un’arma chimica e dunque vietato, è scoppiata una crisi internazionale.

In Germania, paese dove è ricoverato Navalnyj, il dibattito è ormai incentrato su un controverso progetto in collaborazione con la Russia: il gasdotto Nord stream 2. Le polemiche attorno al condotto di 1.200 chilometri, che collegherebbe direttamente la Russia alla Germania attraverso il mar Baltico, durano ormai da dieci anni. Il progetto, dal costo di circa dieci miliardi di euro, è quasi completato. Il 94 per cento delle tubature è già stato posizionato.

La Germania, la Francia e altri paesi minacciano nuove sanzioni contro la Russia nel caso in cui Mosca non offra in tempi brevi le risposte alle domande sollevate dall’inaccettabile avvelenamento di Navalnyj. A farne le spese potrebbe essere proprio il Nord stream 2.

Conflitto a più dimensioni
In questa vicenda esistono diverse dimensioni. La prima è legata al fatto che contro la Russia sono già in atto diverse sanzioni (dopo l’annessione della Crimea nel 2014) che però non hanno avuto un grande impatto. Se dovessero arrivarne altre, il gasdotto sarebbe certamente un obiettivo primario a causa del ruolo cruciale delle esportazioni di energia per l’economia russa.

La seconda dimensione è legata alle controversie che hanno colpito fin dall’inizio il Nord stream 2. In Germania, in Polonia e negli stati baltici, ma anche negli Stati Uniti, sono in molti a pensare che il gasdotto potrebbe accrescere la malsana dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia. Gli Stati Uniti hanno già imposto alcune sanzioni alla fine del 2019 e minacciano la Germania di imporne altre se il progetto andrà avanti.

Le possibilità di evitare un’escalation appaiono scarse. Putin non ha certo l’abitudine di cedere alle pressioni

Le conseguenze di un blocco del Nord Stream 2 sarebbero molteplici. Il 1 luglio Angela Merkel ha dichiarato davanti al parlamento che il gasdotto sarebbe stato completato. Di conseguenza per la cancelliera è molto difficile fare marcia indietro, anche perché le principali voci contrarie al progetto provengono ormai dal suo partito.

La questione è anche finanziaria, perché in ballo ci sono miliardi di euro, compresi quelli pagati da azionisti di minoranza del progetto come il gruppo energetico francese Engine o la multinazionale Shell.

Tuttavia l’aspetto centrale è il rapporto politico con la Russia, che in caso di interruzione del progetto, estremamente strategico per Mosca, sarebbe “congelato” per molto tempo.

La Francia, dopo aver tentato l’anno scorso un riavvicinamento con Vladimir Putin, sembra rassegnata al deterioramento dei rapporti con la Russia. “È nelle mani di Mosca”, ha precisato il 6 settembre il ministro degli esteri francese Jean-Yves Le Drian.

Il problema è che tra la vicenda Navalnyj e il ruolo di Mosca in Bielorussia, dove la popolazione è ancora mobilitata, le possibilità di evitare un’escalation appaiono scarse. Putin, tra l’altro, non ha certo l’abitudine di cedere alle pressioni.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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