28 febbraio 2022 09:55

Se serviva un segnale forte almeno quanto l’onda d’urto provocata dall’attacco russo in Ucraina è arrivato il 27 febbraio da Berlino. La Germania ha infatti annunciato un capovolgimento nella sua posizione militare, una vera rivoluzione geopolitica che il precedente governo di Angela Merkel non aveva mai voluto compiere.

Ci sono voluti Vladimir Putin e la sua dichiarazione di guerra contro l’Ucraina per seppellire in un solo colpo la compiacenza tedesca nei confronti di Mosca e soprattutto la mancanza di investimenti adeguati nella difesa della Germania.

Il cancelliere Olaf Scholz, alla guida di una coalizione tra socialdemocratici, Verdi e liberali, ha annunciato un aumento sostanzioso del bilancio per la difesa, che passerà dall’1,5 al 2 per cento del pil, obiettivo di spesa fissato dalla Nato. La Germania creerà un fondo da cento miliardi di euro destinato a rafforzare le capacità di difesa del paese.

Decisioni senza precedenti
Infrangendo un altro tabù, il governo tedesco ha finalmente accettato ciò che ancora rifiutava fino a pochi giorni fa, ovvero la possibilità che i Paesi Bassi consegnino all’Ucraina missili di fabbricazione tedesca. Una consegna indiretta, dunque, ma che aveva bisogno del via libera di Berlino. Contestualmente è arrivata anche l’approvazione della decisione senza precedenti della Commissione europea di finanziare l’acquisto di armi per l’Ucraina.

Nel primo giorno di guerra, il capo della Bundeswehr, l’esercito di terra tedesco, il generale Alfons Mais, aveva pubblicato un sorprendente messaggio sui social network: “La Bundeswehr, istituzione che dirigo, è più o meno a secco. Le opzioni che possiamo proporre ai politici per sostenere l’Alleanza atlantica sono estremamente limitate. Avevamo anticipato questa situazione, ma non abbiamo potuto far valere i nostri argomenti né trarre i dovuti insegnamenti dall’annessione della Crimea. Sono furioso!”.

Il dibattito politico tedesco è sfociato in tempi da record in decisioni che sembravano impensabili

Si tratta di un’ammissione sorprendente per un alto ufficiale. Il ministro della difesa del governo Merkel aveva inviato lo stesso messaggio dichiarandosi “arrabbiato con noi stessi, perché abbiamo fallito davanti alla storia” dopo gli attacchi russi in Georgia nel 2008 e in Crimea e nel Donbass nel 2014. “Abbiamo dimenticato che bisogna sempre cominciare dal negoziato ma bisogna anche essere forti militarmente, affinché il non negoziato non sia un’opzione per la parte avversa”, ha aggiunto il ministro.

Il dibattito politico tedesco è sfociato in tempi da record in decisioni che sembravano impensabili e che Vladimir Putin ha reso invece possibili (insieme alle critiche degli alleati della Germania).

L’onda d’urto si fa sentire ovunque in Europa. Il cancelliere Scholz ha dichiarato che l’attacco contro l’Ucraina costituisce un “punto di svolta nella storia dell’Europa”. Lo stesso concetto è stato espresso dalla presidenza francese, convinta che “il destino dell’Europa sarà alterato dalla guerra scatenata dal presidente Putin”.

Per anni i dibattiti attorno alla difesa comune, chimera del progetto europeo, hanno prodotto progressi minimi. Le proposte francesi, avanzate all’inizio del mandato di Emmanuel Macron, avevano trovato scarsi riscontri a Berlino. Questa situazione ora potrebbe cambiare con la svolta annunciata dalla Germania e la nuova presa di coscienza in tutto il continente.

Di sicuro Putin scommetteva sulle divisioni dell’Europa e la mancanza di spirito d’iniziativa, ma ha innescato un processo opposto, soprattutto il 27 febbraio quando ha agitato la minaccia nucleare nel tentativo di intimidire gli avversari. Possiamo già sostenere che la storia si dividerà in un “prima” e un “dopo” la guerra d’Ucraina.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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