La sera del 12 febbraio il ministro degli esteri ucraino e quelli di sei paesi europei erano riuniti a Parigi quando è arrivato l’annuncio sconvolgente di una telefonata fra Donald Trump e Vladimir Putin, e dell’avvio imminente di un negoziato. Alcuni presenti hanno riferito che la rabbia era evidente sui volti di tutti.
D’altronde è comprensibile. Il presidente statunitense non aveva avvertito nessuno della sua iniziativa. Non aveva sentito gli ucraini, i diretti interessati, che hanno scoperto tutto attraverso una telefonata di Trump a Volodymyr Zelenskyj dopo la conversazione con Putin. Ma soprattutto gli europei sono stati chiaramente lasciati in panchina. Trump porta avanti una politica imperiale perché questa è la natura del suo secondo mandato, come ormai risulta chiaro a tutti.
Una volta svanito lo sgomento, però, è arrivato il momento dell’analisi. Per gli ucraini ci sono dei pro e dei contro (che chiaramente sono di più dei primi). Tra gli aspetti positivi c’è il fatto che non si sia concretizzato lo scenario catastrofico di un negoziato segreto e di un accordo di pace stile prendere o lasciare. Trump ha proposto a Zelenskyj la creazione di “gruppi di lavoro” per elaborare un piano in vista della trattativa. Il presidente ucraino ne parlerà nel fine settimana in un incontro con il vicepresidente statunitense JD Vance a Monaco. Ufficialmente, dunque, non esiste ancora un piano definitivo. E questa è una buona notizia per l’Ucraina.
Fra i contro c’è invece il fatto che Trump, come previsto, vuole discutere dell’Ucraina direttamente con Putin. Da uomo a uomo, o meglio da uomo forte a uomo forte, anche se i precedenti non pendono a favore di Washington.
Per l’Ucraina si tratta di un aspetto inquietante, perché anche se ci sarà una consultazione prima del vertice che Trump vuole organizzare in Arabia Saudita, le prospettive sono poco incoraggianti. Dopo la fine delle ostilità, infatti, all’orizzonte per Kiev incombe un accordo di pace senza garanzie di sicurezza. Un’evoluzione che permetterebbe alla Russia di tornare alla carica come e quando vorrà, con un pretesto qualsiasi.
Trump vuole un accordo rapido per raccoglierne i benefici politici e sbarazzarsi del problema ucraino, e dell’Europa che, come ha dichiarato il ministro della difesa statunitense Pete Hegseth, non è più una priorità.
Cosa può fare Kiev? Zelenskyj si gioca il tutto per tutto per influenzare la posizione di Washington, puntando sulle divisioni tra gli scettici sulla guerra in Ucraina e quelli che ricordano ancora la storia del partito repubblicano.
Il presidente ucraino ha mostrato tutto il suo malumore agli Stati Uniti, rifiutandosi di firmare l’accordo che gli è stato presentato a Kiev dal segretario al tesoro Scott Bessent sull’estrazione delle terre rare nel paese. Zelenskyj ha fatto presente che firmerà solo se ci sarà una promessa di sicurezza per l’Ucraina, che al momento non esiste.
Inoltre, il presidente ucraino punta sull’Europa, chiedendo che partecipi al negoziato, così da essere un’assicurazione per le garanzie di sicurezza, affinché non vengano dimenticate.
L’Unione ha subìto uno smacco, per cui ha una parte di responsabilità, perché non ha saputo costruire in tempo l’Europa potente di cui parla continuamente. Ma il vecchio continente può ancora dotarsi dei mezzi per resistere. Finalmente, verrebbe da dire.
Il momento della verità si avvicina, per l’Ucraina, ma anche per una parte dell’ordine internazionale che Trump vorrebbe costruire, basato su un’unica potenza, gli Stati Uniti. Se non vogliono finire in posizione di vassallaggio, gli europei devono agire al più presto.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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