“Invece di intraprendere un percorso verso l’innovazione morale, cioè mettere in discussione la pena di morte, le autorità statali vorrebbero sperimentare un nuovo tipo di esecuzione letale”, scrive la giornalista Elizabeth Bruenig. Leggi
Il giovane di 23 anni è stato processato senza un avvocato e messo a morte appena due mesi dopo l’arresto. Il regime intende proseguire con ogni mezzo la repressione delle manifestazioni cominciate dopo la morte di Mahsa Jina Amini. Leggi
Dopo la sospensione di un’esecuzione per problemi procedurali, aumentano i ricorsi in appello dei detenuti nel braccio della morte. Ma la crudeltà delle condanne era già stata denunciata da un’inchiesta dell’Atlantic. Leggi
Il 14 luglio è stata eseguita la condanna a morte di Daniel Lewis Lee, giudicato da una corte federale. Altre tre esecuzioni sono previste per il prossimo mese. Leggi
Nel 2016 le esecuzioni sarebbero state più di mille, afferma il rapporto annuale di Amnesty international. La Cina si pone in cima alla lista dei paesi dove è in vigore la pena di morte e il governo di Pechino è più che mai deciso a non rendere pubblici il numero preciso di esecuzioni. Leggi
Secondo il rapporto di fine anno del Death penalty information center negli Stati Uniti la pena di morte è sempre meno applicata: sia il numero delle esecuzioni sia il numero delle nuove sentenze capitali hanno registrato uno dei cali più importanti degli ultimi quarant’anni. Barack Obama ha graziato un numero record di detenuti, ma l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca potrebbe invertire la rotta. Leggi
L’8 novembre, nello stesso momento in cui si sono svolte le elezioni presidenziali e politiche negli Stati Uniti, tre stati hanno organizzato un referendum sulla pena di morte (il Nebraska, l’Oklahoma e la California). La rassegna stampa di Le Monde. Leggi
Le sanzioni internazionali possono creare enormi fortune: lo dimostra Babak Zanjani, 43 anni, uomo d’affari iraniano che ama paragonarsi a Bill Gates ma ricorda piuttosto certi oligarchi dell’ex Unione Sovietica. Accusato di un gigantesco storno di fondi pubblici, il 6 marzo è stato condannato a morte. Leggi
In Arabia Saudita c’è un altro caso che sta facendo discutere in questi giorni la società civile internazionale: quello di Ashraf Fayadh, 35 anni, artista e intellettuale che è stato condannato a morte da un tribunale saudita. La mobilitazione internazionale indetta per il prossimo 14 gennaio punta a rovesciare la sentenza. Leggi
Circa cinquanta condannati per terrorismo e oppositori del governo appartenenti alla minoranza sciita saranno presto giustiziati, secondo diversi mezzi di informazione sauditi. Nel 2015, finora, le esecuzioni capitali in Arabia Saudita sono state almeno 151, mentre l’anno precedente erano state 90. Leggi
La corte suprema degli Stati Uniti si è espressa a favore dell’uso di un discusso metodo per condurre iniezioni letali, affermando che non costituisce una punizione “crudele e disumana”. A causa della crescente difficoltà di reperire le sostanze per eseguire le condanne a morte, dovute al bando europeo sulla vendita di prodotti usati per le iniziazioni letali, alcuni stati hanno fatto ricorso al sedativo midazolam, che però è stato criticato perché impiega troppo tempo per avere effetto. Gli oppositori alla pena di morte affermano quindi che il suo utilizzo violi l’ottavo emendamento della costituzione degli Stati Uniti, che vieta il ricorso a “punizioni crudeli e disumane”.
Il caso, chiamato Glossip v. Gross, è stato presentato da tre detenuti nello stato dell’Oklahoma, secondo i quali il sedativo non consente di raggiungere il livello di incoscienza necessario per procedere con l’esecuzione e che quindi causerebbe sofferenza e dolore ai condannati a morte. I giudici della corte suprema hanno però respinto il ricorso, con cinque voti contrari e quattro favorevoli.
L’esecuzione nel penitenziario di Huntsville di Gregory Russeau, un nero di 45 anni, è la diciassettesima negli Stati Uniti dall’inizio dell’anno e la nona in Texas, lo stato che già nel 2014 deteneva il primato delle esecuzioni.
Russeau è morto dopo 21 minuti dall’inizio della somministrazione di un’iniezione letale a base di pentobarbital: il dipartimento di giustizia locale afferma di averne abbastanza per le altre quattro esecuzioni previste per il 2015.
In Pakistan, è stata eseguita la condanna a morte di uomo che era stato giudicato colpevole per l’omicidio di tre persone nel 1992 quando aveva solo 15 anni.
Aftab Bahadur Masih è stato impiccato a Lahore, capoluogo della provincia del Punjab. Le associazioni per i diritti umani hanno cercato di bloccare l’esecuzione per la giovane età del condannato al momento della sentenza e perché le due persone che lo accusavano hanno ritrattato.
Gli avvocati difensori sostengono che all’epoca Aftab Bahadur Masih aveva confessato “sotto tortura”. Masih ha raccontato ieri al quotidiano britannico The Guardian la sua vita nel braccio della morte.
Questa esecuzione si aggiunge alle circa 150 compiute in numerose carceri del paese da quando, nel dicembre 2014, il premier Nawaz Sharif ha revocato la moratoria sulla pena di morte in vigore dal 2008. Una decisione presa in seguito al massacro di più di 140 studenti compiuto dai taliban a Peshawar.
Il 27 maggio il Nebraska ha cancellato la pena di morte, diventando il 19° stato degli Stati Uniti (oltre al District of Columbia) ad averla abolita dal suo ordinamento. Ecco in quali stati è ancora in vigore.
Nel 2015 negli Stati Uniti sono state eseguite 14 condanne a morte, ma nel paese il consenso verso la pena capitale è in calo: è al livello più basso degli ultimi quarant’anni.
Paula Cooper, figura simbolo per le campagne contro la pena di morte negli Stati Uniti, è stata trovata morta all’età di 45 anni a Indianapolis. La polizia ritiene che si sia suicidata con un colpo d’arma da fuoco. Nel 1986, quand’era ancora minorenne, Cooper diventò la più giovane detenuta in un braccio della morte: fu condannata alla pena capitale dopo che confessò di aver accoltellato a morte un’anziana insegnante di religione per derubarla insieme a un gruppo di coetanei.
Il caso mise in risalto l’atrocità della legge dell’Indiana che ammetteva la pena di morte per i bambini sopra i dieci anni e scatenò pesanti proteste su scala internazionale. Contro la condanna a morte di Cooper si espresse papa Giovanni Paolo II, furono raccolte due milioni di firme per sensibilizzare le Nazioni Unite e prese il via, su iniziativa dei radicali italiani, il movimento “Non uccidere”. Dopo tre anni, la condanna fu commutata a 60 anni di reclusione, che diventarono 27 per buona condotta. Cooper era uscita di prigione, in libertà condizionata, due anni fa.
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