Almeno quindici persone, tra cui quattordici donne, sono morte il 3 febbraio nell’esplosione di un’autobomba a Manbij, nel nord della Siria, dove sono in corso combattimenti tra le forze curde e le milizie filoturche, ha affermato l’agenzia di stampa Sana.
Citando i caschi bianchi, un’organizzazione umanitaria siriana, la Sana ha riferito che la strage si è verificata all’ingresso della città di Manbij al passaggio di un veicolo che trasportava lavoratori agricoli, quindici dei quali sono morti.
“Altre quindici donne sono rimaste ferite, alcune delle quali in modo grave”, ha aggiunto l’agenzia.
L’attacco non è ancora stato rivendicato.
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Il 1 febbraio nove persone, tra cui alcuni miliziani filoturchi, erano morti nell’esplosione di un’autobomba a Manbij, secondo l’ong Osservatorio siriano per i diritti umani.
Dalla fine di novembre dei combattimenti oppongono le milizie filoturche dell’Esercito nazionale, sostenute dall’aviazione turca, alle Forze democratiche siriane (Fds), a maggioranza curda, sostenute dagli Stati Uniti, nonostante i tentativi di Washington d’imporre una tregua.
Le milizie filoturche avevano lanciato un’offensiva contro le Fds contemporaneamente a quella lanciata il 27 novembre dalla coalizione ribelle che nel giro di pochi giorni aveva deposto il regime di Bashar al Assad.
Nel corso della loro offensiva le milizie filoturche avevano conquistato Manbij, che era controllata da anni dalle Fds.
In quanto partner dell’occidente in una coalizione internazionale antijihadista, le forze curde partecipano da anni alla lotta contro il gruppo Stato islamico in Siria.
Dopo lo scoppio della guerra civile in Siria, nel 2011, avevano approfittato del ritiro delle forze governative per assumere il controllo di vaste aree nel nord e nel nordest del paese.
Intanto, il 4 febbraio il presidente ad interim siriano Ahmed al Sharaa sarà ad Ankara per la sua seconda visita ufficiale all’estero dopo quella in Arabia Saudita, ha annunciato il 3 febbraio la presidenza della Turchia.