Il 10 dicembre il premio Nobel per la pace assegnato all’oppositrice venezuelana María Corina Machado, costretta alla clandestinità nel suo paese, è stato consegnato alla figlia a Oslo. Machado, che ha intrapreso un difficile viaggio verso la Norvegia, non è arrivata in tempo per la cerimonia.

È stata quindi Ana Corina Sosa Machado a ricevere il premio e a leggere il discorso di ringraziamento dell’oppositrice, 58 anni, grande avversaria del presidente venezuelano Nicolás Maduro, confermato nel 2024 in seguito a elezioni presidenziali caratterizzate, secondo l’opposizione e buona parte della comunità internazionale, da gravi irregolarità.

“Per ottenere la democrazia e la libertà dobbiamo essere pronti a batterci”, ha dichiarato Sosa Machado nel municipio di Oslo, leggendo il discorso di Machado, in presenza del presidente argentino Javier Milei e di altri capi di stato latinoamericani che hanno affinità ideologiche con il presidente statunitense Donald Trump.

Riferendosi ai rapimenti, alle torture e alle retate di oppositori, Machado ha denunciato “crimini contro l’umanità documentati dalle Nazioni Unite” e “un terrorismo di stato usato per soffocare la volontà del popolo”.

Machado era entrata in clandestinità nell’agosto 2024, pochi giorni dopo le elezioni presidenziali a cui le era stato impedito di candidarsi.

Secondo l’opposizione, il vero vincitore delle elezioni era stato Edmundo González Urrutia, che oggi vive in esilio ed era presente alla cerimonia di consegna del Nobel.

Machado era stata premiata il 10 ottobre per il suo impegno “a favore di una transizione giusta e pacifica dalla dittatura alla democrazia in Venezuela”, secondo il comitato norvegese del Nobel.

Il 10 dicembre, in occasione della cerimonia, il comitato del Nobel ha esortato Maduro, accusato di deriva autoritaria, a dimettersi.

“Signor Maduro, riconosca l’esito delle elezioni e si dimetta”, ha dichiarato tra applausi scroscianti il presidente del comitato Jørgen Watne Frydnes.

In un messaggio a Frydnes pubblicato poco prima della cerimonia, Machado si è detta “molto dispiaciuta” di non essere arrivata in tempo, assicurando però di essere in viaggio.

“Tante persone hanno rischiato la vita per permettermi di partire per Oslo”, ha sottolineato.

Al momento non è chiaro come sia riuscita a lasciare il Venezuela e se cercherà di rientrare nel paese o sceglierà l’esilio.

“Tornerà molto presto in Venezuela. Vuole vivere in un Venezuela libero e non rinuncerà mai a quest’obiettivo”, ha affermato la figlia.

Apprezzata da molti per il suo impegno a favore della democrazia in Venezuela, Machado è anche criticata da altri per la vicinanza con Trump, al quale ha dedicato il Nobel.

Di recente Maduro ha accusato Trump, che ha rafforzato la presenza militare statunitense nel mar dei Caraibi, di volerlo rovesciare per mettere le mani sul petrolio venezuelano.