21 ottobre 2019 10:00

Mentre dal palco di piazza san Giovanni risuona la voce tenorile di Andrea Bocelli che canta: “All’alba vincerò”, i militanti di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia cominciano a defluire dalla piazza romana e si accalcano intorno ai gazebo. Sventolano carte d’identità, vogliono firmare: c’è chi vuole mettere una firma per chiedere che si possa eleggere direttamente il presidente della repubblica, chi firma perché siano subito convocate le elezioni politiche e chi invece vuole mandare a casa la sindaca di Roma Virginia Raggi. “Roma fa schifo, portiamo la macchina dal gommista una volta al mese per le buche, i trasporti pubblici sono un disastro, ci sono i roghi tossici”: la militante di Fratelli d’Italia, Donatella Montereali, non ha dubbi sull’utilità di mettere una firma per costringere alle dimissioni la prima cittadina della capitale.

“Raggi dimettiti”, è uno degli slogan della manifestazione della destra che si è data appuntamento a Roma il 19 ottobre. Le foto della sindaca cinquestelle campeggiano sui cartelloni pubblicitari sparsi per la città per convocare la manifestazione. Matteo Salvini ha assorbito le parole chiave dell’antisistema e dal palco più volte fa riferimento alla situazione romana. “Vorrei una Roma più sicura e più pulita, vi chiedo una mano per mandare a casa Raggi e Zingaretti”, grida nella sua arringa dalla piazza storica dei sindacati e della sinistra, ma anche dallo stesso palco da dove Beppe Grillo aveva chiuso la campagna elettorale del Movimento 5 stelle (M5s) nel 2013.

Il governatore del Veneto Luca Zaia è ancora più aggressivo e contrappone i sindaci leghisti alla sindaca di Roma: “Come amministratori veniamo qui a dire alla Raggi che i topi e i rifiuti si possono gestire: portiamo un modello di buona amministrazione”. Secondo il militante della Lega Ezio Favetta, che presidia uno dei gazebo sotto la statua di bronzo di san Francesco, la raccolta di firme servirà a presentare una mozione di sfiducia contro la sindaca da parte dei consiglieri comunali leghisti, non importa che le firme non abbiano nessun valore giuridico, non importa che i firmatari non siano neanche romani e che molti di loro siano convinti di firmare per chiedere che si vada al più presto alle elezioni anticipate.

Le difficoltà del Pd
“Io vorrei che tutti gli italiani vadano a votare e a scegliere il governo”, dice Anna, un’altra militante in fila per firmare. Da almeno un anno la crisi di Roma da tema locale è diventato nazionale, slogan ricorrente nella campagna della Lega e leitmotiv nei discorsi di Matteo Salvini. Raggi in un’intervista ha accusato il leader del Carroccio di essere ossessionato da lei. E anche di non aver mai lavorato e di sfilare in piazza insieme ai neofascisti di CasaPound. In ogni caso di dimettersi non se ne parla e anzi secondo alcuni Raggi sarebbe in cerca di una seconda candidatura per le comunali del 2021.

Gestione dei rifiuti e dei trasporti sono i due temi al centro delle critiche rivolte alla sindaca, dopo le dimissioni del consiglio di amministrazione di Ama, la municipalizzata dei rifiuti, e dopo la notizia della messa in liquidazione di Roma Metropolitane. Il leader della Lega sceglie i suoi avversari: da una parte c’è Matteo Renzi e dall’altra Virginia Raggi. Nel settembre del 2018 l’ex ministro dell’interno trasformò la tragica morte di Desirée Mariottini, una ragazza di 16 anni trovata senza vita nel quartiere romano di San Lorenzo, in un’occasione per attaccare l’amministrazione capitolina e la sua sindaca. Da quel momento gli sgomberi delle occupazioni abitative e degli spazi sociali romani sono diventati un palcoscenico privilegiato per le invettive di Salvini contro i suoi ex alleati di governo, oggi avversari politici: dalla vecchia fabbrica della Penicillina sulla Tiburtina allo sgombero di una scuola occupata in via Cardinal Capranica. Per fermare questa campagna, Virginia Raggi ha recentemente sostenuto un piano contro gli sgomberi, appoggiata anche dal governatore della regione Lazio, nonché segretario del Pd, Nicola Zingaretti.

Sono lontani i tempi di “Roma ladrona”, Salvini soffia sul fuoco dello scontento dei romani ed esaspera la retorica del degrado. In una città che sembra in fallimento, il leader della Lega si presenta come il castigatore e punta al Campidoglio, in una competizione che assume una dimensione tutt’altro che locale. Per Salvini vincere a Roma significherebbe superare definitivamente la dimensione regionale del suo partito e rinsaldare l’alleanza con i partiti di destra come Fratelli d’Italia che a Roma sono ben radicati. Il tema inoltre divide il centrosinistra che, da una parte, ha sempre criticato l’amministrazione pentastellata per le sue inefficienze e, dall’altra, si trova nella posizione scomoda di valutare addirittura un’alleanza con i cinquestelle alle comunali del 2021. Il 19 ottobre, mentre a piazza San Giovanni la Lega raccoglieva le firme chiedendo le dimissioni di Raggi, il Partito democratico aveva montato sessanta banchetti sparsi in tutta la città per raccogliere le lamentele dei cittadini contro l’amministrazione. Lo slogan era populista tanto quanto quello dei leghisti: “Raggi ora basta”. Intanto i renziani di Italia Viva hanno tenuto a chiarire di aver lanciato anche loro una petizione online per chiedere le dimissioni della sindaca.

Sotto ai marmi della basilica lateranense il 19 ottobre è cominciata la campagna elettorale per le amministrative del 2021 e ha l’aria di essere qualcosa di più di uno scontro per il Campidoglio. Si tratterà piuttosto di una competizione per accaparrarsi i voti dei delusi dal Movimento 5 stelle e di una prova per la tenuta del partito anticasta diventato di governo.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it