Le ammazziamo e ci scandalizziamo noi stessi della nostra furia. Però poi mugugniamo. Basta prestare orecchio o buttarci un occhio per rendersi conto che non c’è ufficio con donne in ascesa o già al comando dove le cortesie virili non mettano crepe di rozza rabbia o rozzissimo odio. E che dire di noi colti d’ampie vedute? Santamadonna – si può captare – possibile che ormai stravendono soprattutto i libri delle femmine? Il mugugno non ha naturalmente niente a che fare con le morti violente quotidiane, ci mancherebbe. Tuttavia il nostro maschio scontento va montando. Si va al festival di Cannes e vince un film a direzione femminile che i cineasti incattiviti considerano robetta dissennata. Si va al festival di Venezia e vince un film a direzione femminile che nessun critico fine s’era mai sognato di elencare tra i premiabili. L’allarme serpeggia in sordina. Le donne sono istruite come noi non siamo più, hanno intelligenza, immaginazione, intuito, sono una manna per l’industria culturale. Siamo dunque al punto che dobbiamo cedere il passo alle signore anche nelle arti? Il parto di opere di genio non è più una nostra esclusiva? Il pubblico – ormai essenzialmente femminile o di maschi femminilizzati – sta abbandonando il prodotto universalvirile? Bisogna strappare alle donne i grilli di autrici dalla testa e ricacciarle con le buone o le cattive a fare il nostro pubblico?

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Questo articolo è uscito sul numero 1428 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati