Il capitalismo nostrano ha rimesso in circolazione con energia una parolina non da poco: necessità. Lo ha fatto assegnandole la sua connotazione più densa: non cioè la necessità che induce a sgraffignare un po’ di soldi, ma la necessità storica, metafisica, quella che fa razionale il reale e reale il razionale. La Confindustria cioè, dopo un’acuta ricognizione critica, ha appurato che lo Spirito assoluto, nel suo storico inevitabile incarnarsi, si è manifestato in Mario Draghi e cioè nel livello politico-istituzionale attuale, il più alto mai raggiunto in Italia. Quindi ne ha tratto le conseguenze: Mario Draghi è il messia necessario del reale e razionale capitalismo d’Italia. Il problema è che tradizionalmente la necessità storica si manifesta nell’accapigliarsi di tesi e antitesi. Ma se si va a frugare in quel po’ di boccheggiante antitesi istituzionale, qualcosa non funziona, anche lì la necessità storica pare che sia, salvo qualche critica, Mario Draghi. Draghi allora è tesi e antitesi? Lo Spirito, qui da noi, si è definitivamente incarnato in lui, proprio mentre a riprova collezionavamo trionfi planetari nello sport, nelle arti, nelle scienze governatrici della pandemia? Sarà sempre Draghi a traghettarci, lui, il buon sovrano del regno delle necessità del capitale, nel mai visto regno della libertà, salvo poi scoprire che è il solito regno liberista?

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Questo articolo è uscito sul numero 1429 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati