18 dicembre 2015 13:31

Abbiamo chiesto a cinque giornalisti e collaboratori di Internazionale i loro cinque libri preferiti del 2015. Ecco le loro scelte.

Nonostante l’ossessione della comunicazione, una parola che è oggi sinonimo di mercato, si continuano a scrivere buoni libri e a dirigere buoni film. Nel campo dei libri – ricordato che non ho preso in considerazione la saggistica, che offre ancora delle sorprese, cioè libri belli e soprattutto utili in mezzo a tanta frigidità accademica – la novità della narrativa sta nel primato della letteratura a cavallo del giornalismo, dell’inchiesta e del saggio (riconosciuta perfino dai professoroni del Nobel con il premio alla Svetlana Aleksievič). Tra le decine di libri che ho letto nel mezzo delle migliaia pubblicati, ci sono però, per fortuna, anche veri e propri romanzi, opere di invenzione dentro gli enormi problemi dell’oggi. Evviva.

Napoli sotto traccia
Di Jason Pine
Un’inchiesta vissuta in primissima persona su musica, camorra e città che rivela un nuovo modo di vedere Napoli.

Il libro dell’incontro
A cura di Guido Bertagna, Adolfo Cerretti, Claudia Mazzucato
Istruzioni per uscire dal circolo vizioso che ci fa schierare con le vittime o con i loro assassini quando pensiamo agli anni di piombo.

Il valore delle cose
Di Yan Thomas
Un grande storico del diritto fa capire come alle origini di ogni società organizzata ci sia la definizione di alcune risorse come non commerciabili.

La frontiera
Di Alessandro Leogrande
Tante storie ricostruite con attenzione per capire cosa spinge molte persone ad affrontare viaggi pericolosissimi per arrivare sulle coste italiane.

Eugenetica senza tabù. Usi e abusi di un concetto
Di Francesco Cassata
Una breve storia dell’idea di eugenetica nella cultura italiana per superare strumentalizzazioni e capire come affrontare alcune questioni bioetiche.

Il libro dell’incontro
A cura di Guido Bertagna, Adolfo Cerretti, Claudia Mazzucato
Il libro migliore dell’anno per la sua straordinarietà - un dialogo tra responsabili e vittime della violenza armata degli anni settanta in Italia.

L’arte di collezionare mosche
Di Fredrik Sjoberg
Un memoir, un saggio di entomologia, un saggio di divulgazione storica, il diario di un’ossessione, ossia un modo di ripensare quello spazio di condivisione dell’impossibile che è la letteratura.

Abolire il carcere. Una ragionevole proposta per la sicurezza dei cittadini
Di Luigi Manconi, Stefano Anastasia, Valentina Calderone, Federica Resta
Un libretto che dimostra che l’eliminazione del carcere non è una provocazione da anime belle ma una realistica proposta politica.

Del comune o della rivoluzione nel XXI secolo
Di Christian Laval e Pierre Dardot
La pars costruens che viene dopo l’altrettanto bella pars destruens di La nuova ragione del mondo, sempre a firma congiunta, per immaginare cosa vuol dire ricostruire una dimensione politica negli anni della postdemocrazia.

Il mondo a venire
Di Ben Lerner
Il non romanzo di un poeta sulla questione dell’identità, sul ruolo della letteratura nelle nostre vite, sulla fede nel potere del racconto.

Avrete saputo che la letteratura è morta anche quest’anno. E anche quest’anno, come ogni anno, i critici italiani ne hanno cantato cancheri e funerali. I titoli in questa pagina fanno capire la fatica e la pigrizia di gridare alla fine dei libri, ne aggiungo cinque che sono stati pubblicati nel 2015, ma che vengono da epoche lontane.

White album
Di Joan Didion
Joan Didion è una delle poche scrittrici al mondo che riesce a tenere nella stessa riga incanto e ferocia, moda e morte, politica ed emicranie. Si chiama stile. E lo stile permette di scrivere a ventisette anni un pezzo sul rispetto di sé che viene ancora citato; oppure raccontare il sessantotto, in pieno sessantotto, percependone il disfacimento; ovvero vivisezionare gli anni settanta come fa in White album, così da far emergere la noia di Jim Morrison o l’anima di “ragazzi la cui vita è un’interminabile oscuro rancore contro un mondo che pensano di non aver mai creato”.

Epepe
Di Ferenc Karinthy
Nell’incipit c’è la prima vertigine: “Nella confusione dello scalo Budai deve aver sbagliato uscita, è salito su un volo diretto altrove e per qualche motivo l’equivoco è sfuggito anche al personale dell’aeroporto”. La seconda accompagna il lettore per tutto il libro: come sopravvivere in una città dove milioni di persone parlano una lingua indecifrabile, tutto è scritto in un alfabeto sconosciuto e con pochi soldi in tasca? Pubblicato in Ungheria nel 1970, Epepe è l’incubo matto di Ferenc Karinthy. Un viaggio in grado di frullare l’atmosfera infernale dei regimi sovietici con Kafka e Swift, l’ironia con l’angoscia.

Le lettere
Di John Cheever
La felicità vien male sulla pagina, ma John Cheever oltre che della disperazione è un maestro anche della felicità, in grado di riempirci la testa di luce. Il miracolo è evidente nei Diari, ma lo è anche in certe lettere raccolte e pubblicate per la prima volta dal figlio nel 2009. Eccone una: “Una bellissima attrice cinematografica che adoro ha annunciato al marito di avere passato tre ore da sola con me. Seppure imbronciato, il marito non ha trovato alcunché da obiettare. L’avevo portata a pattinare sul ghiaccio. Un saluto”.

Atlante di un uomo irrequieto
Di Christoph Ransmayr
È probabile che molti di noi siano convinti di aver visto il mondo. Ransmayr vede fantasmi. E dimore di divinità nel Pacifico, raccoglitori di stelle in California, albatri reali in Nuova Zelanda. Settanta di questi suoi squarci li ha raccolti in un atlante nel 2012. Reportage brevi, giri di frasi asciutte, immagini indimenticabili: “Ogni episodio di questo libro potrebbe essere narrato anche da un’altra persona che abbia osato spingersi lontano, o anche solo nei dintorni più prossimi e, lì, si sia accostata all’ignoto”.

Saggi
Di Marcel Proust
Nell’ottocento a uccidere la letteratura erano gli stessi romanzi, siccome corrompevano le donne e le masse, come annotava con perfidia Gustave Flaubert nel Dizionario dei luoghi comuni. In quegli stessi anni Marcel Proust cominciava a scrivere articoli e saggi e reportage. Il Saggiatore li raccoglie in un’edizione che è al tempo stesso un labirinto e un rifugio. Ci si trova di tutto: l’ansia di accreditarsi con recensioni entusiaste e paracule; la ferocia dei giudizi su Victor Hugo e Balzac; l’ossessione per i dettagli; articoli su matricidi di rara potenza.

Paura reverenza terrore
Di Carlo Ginzburg
Dietro la veste sobria ed erudita, i libri di Carlo Ginzburg sono per me l’equivalente intellettuale dell’lsd. La mia prima dose è stata Miti emblemi spie (1986) e da allora non ho più smesso. La nuova triade, Paura reverenza terrore, ha effetti non meno inebrianti della prima. Cinque saggi sulle immagini e sul loro potere, dalle antiche incisioni ai manifesti pubblicitari. Chi ha amato Ways of seeing di John Berger, troverà qui di più e di meglio. Sembra il consiglio di un pusher, e un po’ lo è.

Abolire il carcere. Una ragionevole proposta per la sicurezza dei cittadini
Di Luigi Manconi, Stefano Anastasia, Valentina Calderone, Federica Resta
È un campo minato di ossimori. Un titolo incendiario da anarchici ottocenteschi, un sottotitolo bolso da maggioranze silenziose. Scritto da libertari di sinistra, ma pubblicato dallo stesso editore di Marco-il-principe-dei-manettari. Si apre con grandi elogi rivolti a Belén, si chiude con una postfazione di Zagrebelsky. Quel che c’è in mezzo è solo funambolico buonsenso, per farla finita con le prigioni. È una battaglia lunga ma sarà vinta, e tra qualche secolo io e Manconi brinderemo in un ridente aldilà (avremo fatto abolire anche l’inferno, nel frattempo).

Lost in translation. Cinquanta parole intraducibili dal mondo
Di Ella Frances Sanders
Parole intraducibili da tutte le lingue del mondo, che però esprimono idee ed esperienze, se non universali, traducibilissime. Solo che a noi manca la parola, e siamo costretti a importarla da luoghi lontani. Per esempio: “Speranza meravigliosamente macabra che la persona che ami viva più di te, perché sarebbe difficile vivere senza di lei”. Tutto questo, in arabo, è ya’aburnee. C’è anche la mia amata tsundoku (“un libro comprato ma non ancora letto, di solito impilato con altri libri mai letti”). Dove arrancano le perifrasi, arrivano le belle illustrazioni dell’autrice. Un libro per salvarsi dalla maledizione di Babele.

Favole e politica. Pinocchio, Cappuccetto rosso e la Guerra fredda
Di Stefano Pivato
Avventure e spedizioni punitive di Pinocchio fascista, e olio di ricino per i burattini comunisti. Pinocchio istruttore del Negus. Chiodino, il Pinocchio marxista composto di ferraglia. E poi Pinocchio socialista, saragattiano, democristiano. Fumetti, filastrocche, caricature nate dallo zelo dei propagandisti e degli indottrinatori. Grandi e seriose ideologie compresse in favole per bambini? Al contrario, la dimostrazione che le ideologie erano favole degradate e senza mistero.

Antologia apocrifa
Di Paolo Vita-Finzi
Un console erudito che fa il verso a Pirandello, Gozzano, Croce, Pascoli, Montale, Gadda, Mussolini, Flaiano. Cinquanta poeti e prosatori, filosofi e politici sono parodizzati con una precisione quasi crudele, perché il prodigioso Vita-Finzi aveva l’equivalente letterario dell’orecchio assoluto. Il libro lo pubblicò Bompiani nel 1978, lo ripubblica Quodlibet, e oggi serve più di allora. Al tempo in cui proliferano le parodie viventi, è uno strumento indispensabile in un kit di autodifesa.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it