01 febbraio 2022 14:07

Alla fine del 2021 Pablo Ortez ha lasciato il suo lavoro, venduto le sue cose e si è preparato a raggiungere la moglie in Giappone, dove sta studiando per un dottorato. Ma tre giorni prima di lasciare l’Argentina, Ortez ha controllato il sito del ministero degli esteri giapponese e ha scoperto che il governo aveva imposto un divieto d’ingresso nel paese quasi totale per prevenire la diffusione della variante omicron del covid-19.

“Ho chiamato l’ambasciata giapponese e mi hanno confermato che non potevo partire”, racconta. Si è trasferito dalla madre e ora non sa quando potrà raggiungere la moglie, che non vede dallo scorso aprile, quando lei era andata a trovarlo in Argentina. Ortez, 33 anni, è tra le decine di migliaia di persone che volevano studiare, lavorare o raggiungere i parenti in Giappone ma oggi si trovano bloccati fuori da un paese che ha mantenuto alcune delle restrizioni di viaggio più severe al mondo durante la pandemia.

Le ultime misure, imposte alla fine di novembre, si applicano a tutte le persone in arrivo, a eccezione dei cittadini giapponesi e dei residenti stranieri di ritorno: nuovi studenti, lavoratori ospiti, tirocinanti e, in alcuni casi, figli e coniugi stranieri di cittadini giapponesi.

Lewis Hussey, studente del Missouri di 26 anni, era deciso a studiare in Giappone prima di laurearsi quest’estate. Ma il divieto d’ingresso l’ha costretto a rivedere i suoi piani. “Sono incredibilmente deluso”, racconta Hussey. “In alcuni momenti sembrava che il Giappone stesse per riaprire le frontiere agli studenti stranieri, ma non è successo. È frustrante perché avrei potuto prendere in considerazione altri posti. Mi sento come se mi fosse stata tolta l’opportunità di studiare all’estero a causa dell’atteggiamento incoerente e insensato del governo di Tokyo”.

L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha esortato i paesi a non imporre divieti d’ingresso generalizzati, avvertendo che questi sono stati inefficaci nel prevenire la diffusione del virus e hanno creato povertà economica e sociale. È tuttavia improbabile che il primo ministro giapponese Fumio Kishida faccia dei cambiamenti significativi alle politiche d’ingresso, dopo che un recente sondaggio ha mostrato che per l’88 per cento della popolazione la misura è “appropriata”.

Questa politica, però, non ha impedito alla variante omicron di prendere piede in Giappone: il 20 gennaio il paese ha toccato il record di 46mila nuovi casi di covid-19. Il 22 gennaio molte zone del paese, compresa Tokyo, sono entrate in uno stato di semi emergenza per alleviare la pressione sui servizi sanitari.

Risentimento verso il governo
Il Giappone ha imposto limitazioni rigide agli spostamenti durante tutta la pandemia, con i provvedimenti per rilassarle annullati rapidamente dalle ondate di infezioni causate dalle nuove varianti. L’unica eccezione è stata nell’estate 2021, quando decine di migliaia di atleti, funzionari e giornalisti sono entrati nel paese per le Olimpiadi di Tokyo.

Consapevole di come la cattiva gestione della crisi sanitaria abbia contribuito alla caduta del suo predecessore Yoshihide Suga, Kishida spera che le limitazioni agli spostamenti siano apprezzate dagli elettori, in vista delle elezioni della camera alta del prossimo luglio. Di recente il premier ha dichiarato che il divieto sarebbe stato esteso fino alla fine di febbraio, ma la statunitense Jade Barry, 29 anni, prevede ulteriori rinvii. Barry voleva espandere la propria attività di extension per capelli quando è entrato in vigore l’ultimo divieto. Ha dovuto sospendere la ricerca di un locale a Tokyo per il suo nuovo negozio.

Ho investito per studiare in Giappone ma sento che il paese mi sta trattando in maniera molto ingiusta”, dice Vilhelm, uno studente lituano

“È stato devastante”, racconta Barry dalla sua casa vicino a Chicago. “Ho pianto tutto il giorno e i miei figli si chiedevano cosa avesse la mamma. Sono innamorata del Giappone da quando ero piccola. Espandere la mia attività lì era un modo per realizzare il mio obiettivo finale, cioè vivere nel paese. Credo ancora che sia un paese bellissimo, ma essere esclusa per così tanto tempo mi ha provocato risentimento verso il governo”.

Gli studenti bloccati hanno suscitato poca simpatia nei politici giapponesi, ma hanno ricevuto il sostegno di alcuni dirigenti d’azienda, secondo cui il divieto d’ingresso nel paese soffocherà l’innovazione e minaccerà gli interessi a lungo termine del Giappone, mentre aumenteranno gli studenti interessati ad altri paesi, compresi rivali economici come la Corea del Sud.

Hiroshi Mikitani, amministratore delegato del gruppo di e-commerce Rakuten, ha paragonato l’attuale divieto all’isolamento portato dalla politica del sakoku, o “paese chiuso”, durante il periodo Edo (1603-1868). Il giorno in cui Kishida ha prolungato le limitazioni, Mikitani ha scritto su Twitter, rivolgendosi al primo ministro: “Che senso ha non far entrare nuovi stranieri ora? Vuoi chiudere il Giappone dal resto del mondo?”.

Occasioni perse
In una lettera aperta a Kishida, centinaia di accademici ed esperti di studi nippo-statunitensi hanno esortato il suo governo ad allentare i controlli alla frontiera per permettere a docenti, studenti e ricercatori di entrare nel paese. “Queste persone diventano un ponte tra il Giappone e le altre società. Sono i futuri politici, capi d’azienda e insegnanti”, dice la lettera. “Sono il fondamento dell’alleanza tra Stati Uniti e Giappone e di altre relazioni internazionali fondamentali per Tokyo. La chiusura sta danneggiando gli interessi nazionali e le relazioni internazionali del paese”.

“È frustrante”, spiega Imane (preferisce che non si scriva il suo cognome), una studente canadese di vent’anni che da due anni aspetta di cominciare gli studi di lingua giapponese a Tokyo. “Ho perso tempo, in attesa che il paese aprisse le frontiere. Amo il Giappone e questo mi spezza il cuore, ma non posso passare tutta la vita ad aspettare”, aggiunge. “Se il Giappone non riaprirà quest’anno, dovrò fare altri progetti e andare a studiare altrove”.

Le sue frustrazioni sono condivise da Vilhelm, uno studente della Lituania, che si alza alle quattro e mezza ogni mattina per seguire online le lezioni di studi commerciali internazionali in un’università di Tokyo. “La cosa più frustrante è che non so quando finirà”, spiega. “Ho investito per studiare in Giappone e sento che il paese mi sta trattando in maniera molto ingiusta. Lo amo ancora, ma a volte dimentico il perché”.

Sui social network Barry ha coinvolto studenti e altre persone bloccate fuori dal paese in una campagna per mettere fine alle restrizioni. “È terribile che l’opportunità di venire in Giappone ci venga strappata via. E non posso immaginare cosa significhi non vedere tuo figlio a causa delle limitazioni per entrare nel paese. L’incertezza non è più accettabile: sta letteralmente rovinando la vita delle persone”.

Il governo ha risposto alle crescenti critiche aprendo le porte del paese, anche se solo in maniera infinitesimale. Il capo di gabinetto Hirokazu Matsuno ha dichiarato che permetterà a 87 studenti con borse di studio governative di entrare a febbraio. Ma questo non risolve la situazione di quasi 150mila altre persone che si sono in gran parte autofinanziate e aspettano da due anni di poter studiare.

Continueranno a vivere in un limbo, senza sapere quando comincerà la loro nuova vita in un paese che con la pandemia è diventato una terra isolata. “Il Giappone sta danneggiando il suo soft power e la sua economia perché punisce persone sinceramente interessate al paese”, dice Ortez. “Sta rovinando la sua reputazione e ci saranno conseguenze a lungo termine”.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è stato pubblicato dal Guardian.

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