06 settembre 2017 17:33

Gentile bibliopatologo,
mi trovo nel mezzo di un trasloco e svuotando gli scaffali mi rendo conto di aver accumulato negli anni una serie di libri (spesso ricevuti in regalo) che non ho letto e non mi interessano particolarmente. Tuttavia sono cresciuto con il dogma secondo cui “buttare i libri è peccato” e non riuscirei a sbarazzarmene così facilmente. Cosa devo fare?
– Enrico

Caro Enrico,
mi farò scudo, prudentemente, dell’antica favola del granchio. Non camminare per traverso, gli raccomanda la madre, e non sfregare il fianco contro la roccia umida. Se vuoi che io impari – le risponde lui, impertinente – cammina dritta tu, mamma, e io vedendoti farò lo stesso. Esopo ne trae una morale che trovo detestabile e pedante: chi vuol rimproverare gli altri cominci a rigar dritto e solo dopo pretenda di dar lezioni. Io dalla stessa favola caverei tutt’altro insegnamento: a volte capiamo cos’è giusto e lo vorremmo fare, ma ne siamo impediti dalla nostra natura; speriamo tuttavia che qualcun altro trovi l’audacia di superare quel limite.

Te la ricordavi, la favola di Esopo? Ecco, ora scordatela per qualche minuto, perché intendo predicare bene e razzolare malissimo. Non sono ancora abbastanza trombone per citarmi addosso, ma del resto neppure abbastanza cinico da riciclarmi facendo il finto tonto, così mi sento in dovere di confessarti che avevo già provato, in uno sciocchezzaio di alcuni anni fa, a confutare il dogma che sei stato educato a rispettare. Così predicavo:

Tutto si butta: vestiti logori, avanzi di cibi, pile di vecchie riviste, lampadine fulminate, oggetti che ingombrano senza dare nessun beneficio. Ora, in base a quale criterio dovremmo buttare la tarantola vibrante a pile da massaggio che ci hanno venduto al tavolo del ristorante e conservare, invece, uno dei centododici libri di Giampaolo Pansa che hanno la parola ‘vinti’ nel titolo, e che ingombrano molto di più? Per quale ipotetico inverno, formichine, stipiamo cose che non ci serviranno mai? E che se proprio dovessero servirci – ma non ci serviranno, fidatevi – le biblioteche stan lì apposta? “Fanne uno scatolone e mettili in soffitta”, dirà qualcuno. Ma siamo sinceri: chi è mai andato davvero in soffitta a recuperare un libro? La soffitta è come il ‘periodo di riflessione’ quando un amore finisce: una vigliaccheria. ‘Caro Atlante De Agostini 1992, ti sto scaricando, ma non ho il coraggio di dirtelo in faccia’.

Questo pensavo nel 2010, questo penso tuttora. Ma quanto ho razzolato male! Da allora non ho buttato un solo libro. Neppure uno. Manuali di istruzioni di tecnologie obsolete da decenni, ponderosi dossier da due chili e mezzo sui diritti umani nel mondo pieni di tabelle e statistiche aggiornate agli anni di Videla, una vasta collezione di primi volumi omaggio di enciclopedie allegate a qualche quotidiano (so tutto sulle persone i cui nomi cominciano per A)… questi e altri ectoplasmi fluttuano in soffitta, sospesi in una dimensione intermedia tra la persistenza e l’estinzione per la quale forse solo il Libro tibetano dei morti avrebbe le metafore adatte.

Buttare i libri non è peccato, il dogma che ci hanno messo in testa è mera superstizione. Solo che io non ce la faccio a dare il buon esempio. Posso provare a dar buoni consigli, questo sì; e magari, chissà, sarai tu a superare il mio limite. Esopo prende le parti del figlio strafottente, ma fidati, aveva ragione mamma granchio.

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