16 maggio 2018 13:18

Se siete ossessionati almeno un minimo di quanto lo sono io dal problema di come gestire il vostro tempo, forse vi siete imbattuti – con un certo fastidio – nella storia dei sassi nel barattolo.

Per quanto ne so, a proporla per primo è stato il guru dell’autoaiuto Stephen Covey, e una delle versioni è: un insegnante mostra ai suoi alunni un barattolo di marmellata, qualche sasso più grande, qualcuno più piccolo e un po’ di sabbia. Il loro compito è farli entrare tutti nel barattolo. Gli studenti, che evidentemente non sono delle cime, cercano di metterci prima la sabbia e i sassolini, ma poi si accorgono che i sassi più grandi non c’entrano.

A quel punto l’insegnante, senza dubbio con un sorriso di sufficienza, svela la soluzione: meglio mettere prima i sassi grandi, poi i sassolini e infine la sabbia, perché gli oggetti più piccoli si assestano negli spazi lasciati liberi da quelli più grandi. La morale della storia è che dobbiamo prima sbrigare le faccende importanti – i “sassi più grandi” – cioè stabilire delle priorità. Altrimenti non troveremo mai il tempo per fare tutto.

Il problema principale è che le cose importanti da fare sono troppe

Ma quello che nessuno dice mai è che l’insegnante li ha ingannati. Ha truccato la dimostrazione portando solo pochi sassi grandi, sapendo già in anticipo che entreranno nel vasetto. Ma oggi, per la maggior parte delle persone il problema principale della gestione del tempo non è non riuscire a stabilire delle priorità, è che le cose importanti da fare sono troppe: cercare di mantenere un posto di lavoro, pagare l’affitto, essere bravi genitori, trovare un minimo di soddisfazione nella vita, e così via. In altre parole, abbiamo troppi sassi. E molti di questi non entreranno mai in quel barattolo.

Mi sono tornati in mente i sassi e il barattolo di marmellata mentre leggevo The hardest job in the world, un brillante saggio pubblicato di recente dall’Atlantic in cui John Dickerson sostiene che fare il presidente degli Stati Uniti è diventata un’impresa impossibile.

Ossessionati dalla falsità dell’attuale occupante della Casa Bianca, rischiamo di dimenticare che l’impegno richiesto da quella carica – gestire milioni di dipendenti, decidere su questioni di vita o di morte, superare i blocchi imposti dall’opposizione mentre si salta tra una cerimonia e l’altra e si cerca di incanalare le emozioni di un popolo – forse ormai va oltre le capacità di chiunque. Forse siamo arrivati al punto in cui a volerci provare è solo chi non si rende conto dei propri limiti.

Nessuno di voi è presidente (almeno, presumo che non lo siate), ma questo non significa che la vostra impresa non sia altrettanto impossibile. Forse non potete soddisfare le richieste del vostro capo con le risorse che avete; forse non potete essere il coniuge o il genitore che vorreste senza lasciare il lavoro che avete adesso.
Forse non esiste una scelta di vita che può darvi la sensazione di soddisfare le aspettative della vostra famiglia e al tempo stesso essere in pace con voi stessi.

Non esiste nessun principio secondo il quale dovete essere in grado di svolgere tutti i ruoli che pensate di dover svolgere. E quando le regole del gioco rendono impossibile vincere, l’unica soluzione è cambiare le regole.

Per Dickerson, questo significa modificare radicalmente i compiti di un presidente. Per noi comuni mortali, significa sacrificare qualcosa: decidere che cosa siamo disposti a mettere da parte, o a fare male, per poter fare bene quello che conta di più. Perché una cosa è certa: non possiamo allargare il barattolo.

Consigli di lettura
Il libro di Cal Newport Deep work indica un modo radicalmente diverso per trovare il tempo per le cose più importanti, e accettare la dura realtà che non possiamo fare tutto.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

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