25 febbraio 2019 11:18

Nel fine settimana un quotidiano algerino ha titolato: “Gli algerini hanno abbattuto il muro della paura”. Dal 22 febbraio la popolazione manifesta quotidianamente in tutta l’Algeria contro la candidatura del presidente Abdelaziz Bouteflika – rimasto invalido dopo aver avuto un ictus – per un quinto mandato alle elezioni presidenziali del 18 aprile.

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Da quasi due decenni, qualsiasi contestazione politica in Algeria viene smorzata dalla paura di un ritorno del periodo nero vissuto dal paese negli anni novanta, con circa 200mila morti. Il 23 febbraio un sostenitore del governo si è rivolto ai manifestanti chiedendo: “Volete tornare agli anni di lacrime e sangue?”.

Questo ricatto era ben presente anche nel 2011, quando la rivoluzione tunisina ha mobilitato le altre società arabe fatta eccezione per l’Algeria, dove il ricordo degli anni di piombo era ancora fresco. Negli anni successivi l’esempio delle guerre in Libia e in Siria è stato utilizzato per scoraggiare ogni dissenso.

Immobilismo insopportabile
Per gli algerini di oggi, l’elemento più insopportabile è proprio l’esempio d’immobilismo di un presidente muto e inchiodato su una sedia a rotelle. Già alle elezioni del 2014 si era parlato del “mandato di troppo”, ma allora la popolazione si era arresa per rassegnazione. Ora le cose sono cambiate.

La seconda causa delle proteste è demografica. Quasi un algerino su due ha meno di 25 anni e dunque ha conosciuto come presidente solo Bouteflika, vivendo in una confusione crescente dovuta al blocco decisionale. La gioventù dei partecipanti alla manifestazione del 22 febbraio, la più massiccia, è apparsa evidente. In Algeria è emersa una nuova generazione, meno segnata dalle violenze degli anni novanta.

Il movimento ha un carattere pacifico, inedito e difficile da controllare

L’esasperazione dei giovani algerini è rivolta palesemente contro un presidente che non parla pubblicamente al suo popolo dal 2012, ma è anche generale. Quasi un terzo dei giovani algerini non ha un lavoro e deve scegliere tra l’arte di arrangiarsi e l’emigrazione.

Davvero questo movimento potrà cambiare la dinamica elettorale? È ancora troppo presto per dirlo. Il governo algerino è stato chiaramente preso di sorpresa dalla manifestazione.

Tutti gli osservatori, incluse le autorità algerine, attendono di scoprire se la rivolta avrà vita breve. La diversità dei partecipanti, la loro manifesta volontà di evitare ogni strumentalizzazione politica e il carattere pacifico dei cortei conferiscono al movimento un carattere inedito e difficile da controllare, soprattutto per i leader politici abituati alla rassegnazione degli algerini.

Ieri Abdelaziz Bouteflika avrebbe dovuto recarsi in Svizzera per sottoporsi ad alcuni esami. Il potere ha sicuramente pronto un piano B, che probabilmente passa per la sostituzione del presidente uscente per ragioni di salute. Ma questo significherebbe cedere alla pressione della piazza, e il potere algerino non ama farlo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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