10 settembre 2019 11:59

Quanti nomi di commissari europei attuali conoscete? Siate onesti. La verità è che solo pochi componenti della Commissione uscente passerebbero un test di notorietà nei diversi stati membri. Eppure attribuiamo a queste persone una grande influenza sulle nostre vite.

Questa impossibilità di identificarsi in istituzioni percepite come distanti è senza dubbio una delle debolezze della costruzione europea, di cui sottolineiamo più volentieri i fallimenti e le incoerenze che i risultati.

Parte della responsabilità è da ascrivere ai governi. Per anni le scelte sono ricadute su personalità poco coinvolgenti o che in qualche modo bisognava risarcire o piazzare da qualche parte. Il paradosso è che gli stati membri desiderano ardentemente mantenere il controllo sulle istituzioni europee, ma al contempo una delle principali critiche degli euroscettici è proprio che “Bruxelles”, questa entità mal identificata, abbia troppo potere.

Due ambiti cruciali
In questo momento sono visibili evidenti segni di cambiamento. La nuova presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, non era certo la prima scelta dei capi di stato e di governo, ma si sta affermando con una squadra più politica del solito e caratterizzata, per la prima volta, dalla parità numerica tra uomini e donne. Non è poco.

Il primo segno di questa autorità ritrovata è che la presidente, una conservatrice tedesca, sarà affiancata da due vicepresidenti di peso, l’olandese Frans Timmermans, ex capofila dei socialisti alle elezioni europee, e la danese Margrethe Vestager, una liberale che figura tra i pochi pesi massimi della squadra uscente ed è conosciuta per aver ispirato la serie Borgen ma soprattutto per le sue battaglie contro i giganti del digitale. Il primo sarà incaricato delle problematiche legate al clima, mentre la seconda della tecnologia. Si tratta evidentemente di due ambiti cruciali.

La nuova squadra di commissari non avrà un compito semplice in un contesto in cui l’Europa si gioca il posto tra i giganti politici mondiali

Altre nomine rafforzano l’influenza di questa Commissione, sostenuta dalle tre principali famiglie politiche del continente. La sorpresa è arrivata dall’Italia: ci si aspettava un commissario nominato dal leader di estrema destra Matteo Salvini, ma il cambio di maggioranza a Roma ha permesso l’avvento di Paolo Gentiloni, ex primo ministro chiaramente filoeuropeo ed esponente del Partito democratico.

La nuova squadra di commissari non avrà un compito semplice in un contesto in cui l’Europa si gioca il posto tra i giganti politici mondiali.

L’Unione europea sarà capace di sopravvivere davanti al gigante statunitense e a quello cinese, al vicino russo o alle sfide dei cambiamenti climatici, industriali e tecnologici? Il percorso che attende questa Commissione sarà molto lungo, senza dimenticare la Brexit che dovrebbe diventare realtà nello stesso giorno in cui i nuovi commissari assumeranno le loro funzioni, il 1 novembre.

In ogni caso la principale sfida per la nuova Commissione sarà quella di ripristinare la fiducia, un sentimento scomparso da tempo dalle faccende europee, e magari di portare un vento di novità in tutti gli ambiti che hanno alimentato la disillusione degli europei. Il successo non dipende solo dalla Commissione, ma se tra cinque anni saremo capaci di identificare questi 27 uomini e donne, allora sarà stato fatto un passo importante.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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