09 ottobre 2020 09:44

Se i palestinesi avevano ancora bisogno di un segno del cambiamento radicale del clima politico in Medio Oriente, è arrivato questa settimana. Colpo su colpo, le “piccole frasi” pronunciate da un alto dignitario saudita e dall’ambasciatore francese in Israele hanno sancito una svolta epocale che ha penalizzato i palestinesi, vittime di un cambio di priorità.

La dichiarazione saudita è la più significativa, ed è arrivata nel contesto del riconoscimento di Israele da parte di due paesi del Golfo, gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein. L’Arabia Saudita non ha compiuto questo passo, ma ha autorizzato gli aerei dello stato ebraico a sorvolare il suo territorio. I contatti ufficiali tra i due paesi si sono moltiplicati. Per il momento a ostacolare la normalizzazione dei rapporti è rimasto solo il vecchio re Salman, guardiano dei luoghi sacri dell’islam.

A Riyad un membro della famiglia reale, il principe Bandar, ex capo dei servizi segreti, ha dichiarato a un’emittente saudita che il regno deve concentrarsi sulle questioni legate alla sicurezza nazionale piuttosto che sulla causa palestinese. In altri termini, di fronte alla minaccia rappresentata dall’Iran, bisogna riavvicinarsi a Israele. E tanto peggio per i palestinesi.

Come se non bastasse, Bandar ha attaccato i leader palestinesi, a cui rimprovera di aver criticato i paesi che hanno riconosciuto Israele e di essersi riavvicinati alla Turchia e all’Iran. “Siamo arrivati al limite della pazienza con loro”, ha tuonato senza giri di parole.

I piani di annessione di Israele.

La dichiarazione dell’ambasciatore francese a Tel Aviv, Eric Danon, è di natura diversa, ma anch’essa illustra il cambiamento di prospettive. Durante una conferenza il diplomatico ha dichiarato che la soluzione della questione palestinese non saranno necessariamente “i due stati”, come sostiene la dottrina francese ed europea ormai da decenni.

L’ambasciatore ha ribadito che la Francia, uno dei difensori tradizionali della causa palestinese, ritiene la formula dei due stati “la migliore soluzione”. Ma ha anche aggiunto (senza scendere nei dettagli) che se israeliani e palestinesi trovassero un accordo su un piano diverso la Francia potrebbe accettarlo. Questa breve frase ha fatto molto scalpore. Parigi ha negato di aver cambiato orientamento, ma le parole di Danon sono state sufficientemente ambigue da far riflettere.

La verità, ben nota a tutti gli attori della vicenda, è che l’idea dei due stati è morta e sepolta. La colonizzazione israeliana e la svolta a destra dello stato ebraico rendono questo obiettivo irrealizzabile. Il diplomatico l’ha riconosciuto con pragmatismo.

Ma questo “realismo” ha un’altra faccia della medaglia: visto il rapporto di forze tra israeliani e palestinesi, concede al governo israeliano il controllo della situazione. Se davvero è impossibile immaginare i due stati, infatti, restano solo due soluzioni: un unico stato binazionale, che gli israeliani non accettano, o la conferma perpetua dello status quo, in cui i palestinesi non hanno alcun diritto e sono condannati al rango di non cittadini di seconda classe.

La svolta saudita e le scelte semantiche francesi sanciscono la perdita di centralità diplomatica della questione palestinese, in un Medio Oriente in pieno caos e in fase di ricomposizione. È un fallimento per i leader palestinesi, quelli di Fatah come quelli di Hamas, ma anche per una comunità internazionale che non ha fatto rispettare gli impegni. Un fallimento che si compie nell’indifferenza generale.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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