02 settembre 2021 09:59

Avete sicuramente già sentito questo discorso in passato: l’Europa deve prendere in mano la propria difesa e smettere di essere il rimorchio degli Stati Uniti. In un’opinione pubblicata il 1 settembre sul New York Times l’alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea Josep Borrell ha parlato di una “wake up call”, di una “sveglia” a proposito del modo in cui Washington ha gestito l’uscita dall’Afghanistan, insistendo sul fatto che i paesi europei della Nato si sono trovati totalmente dipendenti dalle decisioni statunitensi, su cui non hanno avuto alcun peso.

Lo stesso concetto è stato espresso in modo ironico da Gérard Araud, ex ambasciatore francese a Washington, che dopo l’ultimo discorso di Joe Biden ha scritto su Twitter: “Svegliati, Europa, la tua bambinaia ha dato le dimissioni!”.

Sarà finalmente la volta buona? Non è detto. Gli europei hanno condiviso il trauma davanti alla caduta di Kabul e al caos delle evacuazioni, ma non tutti traggono le stesse conclusioni. Il dibattito sulla “autonomia strategica” dell’Europa, tallone d’Achille della costruzione europea ormai da decenni, resta aperto, e non sarà risolto solo dagli eventi in Afghanistan.

Il guardiano è stanco
L’unico punto di consenso tra i 27 è la consapevolezza che l’entusiasmo per Biden, atteso come il Messia dopo gli anni di Trump, è clamorosamente scemato. Gli europei hanno capito che al di là di un apprezzato cambiamento di stile il riflusso statunitense resta la norma. Il guardiano è stanco.

Ma a prescindere da questa constatazione esistono come sempre due posizioni in conflitto. Da un lato troviamo quelli che sono d’accordo con la dichiarazione del presidente francese Emmanuel Macron pubblicata dal Journal du Dimanche: “L’Europa della difesa e dell’autonomia strategica deve nascere ora!”. Dall’altro invece abbiamo quelli che continuano a pensare che l’ombrello statunitense, nel quadro dell’alleanza atlantica, sia meglio di un’avventura europea piena di incognite, in un mondo tornato a essere pericoloso.

Questa spaccatura si trova all’interno degli stati dell’Unione e a volte anche della stessa famiglia politica. È il caso in Germania della Cdu, il partito della cancelliera Merkel, a poche settimane dalle elezioni generali.

Senza unanimità
Finora Merkel ha accompagnato i primi passi della difesa europea, senza però dar loro il significato che gli attribuiscono a Parigi. La cancelliera non ha mai condiviso il lirismo francese per l’autonomia strategica.

Dopo la caduta di Kabul il candidato della Cdu Armin Laschet ha aspramente criticato la Nato, suscitando una replica della ministra della difesa ed ex delfina di Merkel, Annegret Kramp-Karrenbauer. In un discorso la ministra ha denunciato coloro che puntano il dito contro gli statunitensi, sostenendo che il parlamento tedesco non avrebbe mai accettato di votare un impegno in Afghanistan senza gli Stati Uniti.

Il prossimo 1 gennaio la Francia assumerà la presidenza dell’Unione europea, e sicuramente Macron affronterà il tema dell’autonomia strategica. Tuttavia sembra difficile che si possa avanzare rapidamente all’unanimità su un tema delicato che riguarda la sovranità degli stati, la loro storia e i loro traumi. E tutto questo malgrado le “sveglie” in Afghanistan.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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