29 settembre 2022 09:27

Fino a poco tempo fa il lancio di un missile balistico nordcoreano durante la visita della vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris in Corea del Sud avrebbe calamitato l’attenzione e la preoccupazione dei giornali. Ma tra la guerra in Ucraina e le tensioni con la Cina a proposito di Taiwan, oggi la Corea del Nord è relegata al rango di crisi abituale in cui si sa fino a dove è possibile spingersi.

Eppure la vicenda merita di non essere messa da parte, anche perché presenta alcune risonanze con l’Ucraina. Quando la guerra sarà finalmente conclusa e il mondo dovrà ridefinire l’ordine globale, bisognerà inevitabilmente affrontare il caso della Corea del Nord.

Immaginate per un istante di essere Kim Jong-un, il giovane leader nordcoreano, terzo esponente di una dinastia comunista del tutto particolare, e immaginate di osservare la situazione in Ucraina, paese che un tempo possedeva armi nucleari sovietiche ma che al momento della dissoluzione dell’Urss, nel 1991, ha accettato di rinunciarvi in cambio di garanzie internazionali. L’accordo è stato regolato dal memorandum di Budapest del 1994, firmato anche dalla Russia, che però non lo ha rispettato.

Assicurazione sulla vita
Il 24 febbraio Kim Jong-un è sicuramente scoppiato a ridere, giurando di non rinunciare mai al suo arsenale nucleare.

Negli ultimi vent’anni i rapporti tra la Corea del Nord e gli Stati Uniti hanno vissuto diversi tentativi (vani) di spingere Pyongyang a rinunciare all’atomica. L’ultimo è stato il vertice tra Donald Trump e il leader nordcoreano. Nel frattempo il paese è diventato una potenza nucleare a tutti gli effetti, con diversi test portati a termine. La Corea del Nord continua ad affinare la propria tecnica di missili balistici, vettori indispensabili delle testate nucleari che permettono di mettere in atto una dissuasione credibile.

In Asia si ritrovano alcune problematiche emerse nel conflitto in Ucraina

Se la denuclearizzazione della Corea del Nord sembrava già improbabile prima della guerra, oggi è diventata impossibile, almeno fino a quando Kim resterà al potere. Per la Corea del Nord si tratta di un’assicurazione sulla vita. Nessuno vuole ammetterlo pubblicamente, perché farlo significherebbe rimettere in discussione gli equilibri regionali e i sistemi di non proliferazione, ma si tratta di un fatto acquisito.

In Asia si ritrovano alcune problematiche emerse nel conflitto in Ucraina. Vivere all’ombra di un paese munito dell’arma suprema spinge chiunque a cercare un protettore: è quello che fanno la Corea del Sud e il Giappone con gli Stati Uniti.

Ma a Seoul pensano anche al rischio di un possibile disimpegno degli Stati Uniti dopo un eventuale ritorno di Donald Trump al potere: un esperto coreano mi ha assicurato che in uno scenario simile basterebbe un anno alla Corea del Sud per sviluppare l’arma nucleare.

Un giorno l’Asia potrebbe ritrovarsi con cinque o sei potenze nucleari: la Cina, l’India, il Pakistan, le due Coree e forse il Giappone. È fondamentale che le regole della dissuasione siano ben chiare a tutti. In futuro bisognerà rimettere tutto questo sul tavolo, ma non nel clima attuale. Questo è il messaggio, quantomai minaccioso, del missile balistico nordcoreano che ha accolto Kamala Harris: non dimenticatevi che siamo una potenza nucleare.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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