10 luglio 2021 13:48

Qualche anno fa ho tenuto un evento di lancio per un mio libro e pochi secondi prima che cominciasse l’organizzatore ha guardato la folla e mi ha detto: “È bello vedere che sono venuti così tanti uomini!”. Lì per lì sono rimasta spiazzata, ma poi mi è stato spiegato che gli eventi letterari li frequentano principalmente le donne, dato che noi compriamo più libri. A causa del mio passato e del tipo di libri che scrivo, il mio pubblico somiglia alla folla di un concerto, che è dominata dagli uomini.

D’altronde scrivere di musica dal punto di vista di una donna o raccontare storie, come faccio io, può essere rischioso. Gli uomini tendono a credere di possedere le storie che ruotano intorno alla musica e capita che siano molto aggressivi nel reclamare questo possesso. Il mio ultimo libro è molto femminista e mi aspettavo qualche critica.

Gli uomini a volte si mettono sulla difensiva se altri uomini sono criticati, il che la dice lunga. E a volte sono ciechi di fronte alle sfumature, perciò a meno che non possano vedere una palese e conclamata misoginia sono convinti che non stia succedendo niente. Quando parlo di donne nel mondo della musica, spesso devo spiegare quei preconcetti inconsci, o i punti ciechi nella visione che hanno gli uomini quando adottano comportamenti stereotipati o si mettono in cattedra, e come tutto questo ha conseguenze per le donne che lavorano con loro.

Messa alla berlina
Perciò, all’uscita del mio nuovo libro, ero preparata alle critiche e ho cercato di non farmi abbattere dai vari commenti, che potremmo riassumere così: “Le tue accuse di sessismo sono assolutamente esagerate, stupida che non sei altro”. Penso che i dieci anni trascorsi da quando ho cominciato a scrivere di musica, soprattutto da un punto di vista interiore, mi abbiano temprato.

All’inizio mi sentivo intimidita dalla posizione autoritaria degli uomini rispetto alla musica, dal loro sbandierare competenza. Temevo di essere messa alla berlina per un errore in qualche dettaglio, come il lato b di un singolo o la data di un particolare concerto.

Ora sto generalizzando, ma alcuni critici si comportano davvero come se per loro tutto il senso e il bello della musica andasse ricercato in queste chicche di sapere, nel raccoglierle e condividerle. Non sono contraria al riportare i fatti, ma il mio interesse è rivolto più alle persone coinvolte e al contesto. Ormai ho acquisito sicurezza, e sono convinta che questo sia un buon modo di trattare di musica.

Each and every one è stata considerata una canzone d’amore mentre era la mia prima furiosa descrizione del giudizio maschilista

Questo a sua volta mi ha fatto sentire molto più a mio agio nello scrivere e nell’esprimere i miei punti di vista. Per certi versi, so di battermi per il femminismo da 40 anni, ma se rileggo i testi di alcune mie canzoni più vecchie mi rendo conto che avrei potuto andarci molto più pesante.

Uno dei primi brani degli Everything but the Girl, Each and every one è stato interpretato dalla maggior parte delle persone che l’hanno ascoltato come una canzone che parlava di una delusione amorosa mentre in realtà era la mia prima furiosa descrizione del giudizio maschilista. If you ever feel the time/ to drop me a loving line/Maybe you should just think twice/I don’t wait around on your advice (Se intendi mandarmi due righe d’amore/forse dovresti pensarci bene/non vivo aspettando i tuoi consigli)”, ho scritto con polemica ironia riferendomi a quei critici che avevano trattato con sufficienza il mio gruppo, le Marine Girls.

Ne avevo già fin sopra i capelli del fatto che, nonostante decenni di presunta emancipazione femminile, l’unico ruolo che mi veniva offerto fosse sempre quello della dolce e tenera fanciulla. Being kind is just a way to keep me under your thumb/And I can cry because that’s something we’ve always done/You tell me I’m free of the past now and all those lies/Then offer me the same thing in a different guise (La tua gentilezza è solo un modo per tenermi sotto controllo/e posso piangere perché è qualcosa che noi abbiamo sempre fatto/mi dici che sono libera dal passato e tutte quelle bugie/poi mi offri la stessa cosa in una forma diversa).

Fin troppo delicata, non vi pare? Sembra una canzone su una storia d’amore. Non ho mai voluto scrivere in maniera polemica, preferendo invece basare le mie parole sul mondo riconoscibile fatto di persone e rapporti, ma questo ha creato un’incomprensione su alcune mie idee.

Quindi ora le esprimo con molta più chiarezza e perciò devo essere sempre pronta a difendermi e a dare battaglia quando a qualcuno non piace ciò che scrivo. Detto questo, effettivamente finora ho ricevuto molte meno critiche per il mio libro di quante me ne aspettassi. Ed è fantastico. Se necessario sono pronta a discutere ferocemente, ma farlo sempre sugli stessi argomenti è noioso.

Quando gli uomini ascoltano e sono ricettivi invece di mettersi sulla difensiva allora li percepiamo davvero come alleati e possiamo cominciare a immaginare dei progressi.

(Traduzione di Maria Chiara Benini)

Questo articolo è uscito sul settimanale britannico New Statesman.

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