Era il 2014 quando gli Afterhours decisero di pubblicare una versione rimasterizzata di Hai paura del buio? Anche se gridiamo ancora vendetta per le collaborazioni discutibili (Rapace con i Negramaro e Male di miele con Piero Pelù), all’epoca fu commovente vedere il nome di Mark Lanegan tra gli ospiti. Era uno degli artisti satellitari degli Afterhours, per via della figura medianica di Greg Dulli, che con Lanegan è stato nei Twilight Singers e nei Gutter Twins e che ha coprodotto Ballate per piccole iene della band di Manuel Agnelli, in un periodo in cui tutti loro cercavano di trovare una dialettica con gli anni novanta senza diventarne caricature. La morte di Lanegan rende evidente che degli anni novanta rimangono solo i “professionisti”, quelli che fanno le cose bene.

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Lanegan non faceva le cose bene: le faceva in maniera inaspettata, molto solitaria o molto collaborativa; un personaggio post-biblico, che formava strane famiglie. Come ha detto una persona cara il giorno della sua morte, non si comportava come uno che aveva tutto da perdere, ma come uno consapevole che non c’era niente da vincere. Nel 2014 gli venne assegnata Pelle, in una versione troppo pulita, e cantare in una lingua non sua faceva inciampare la sua voce cavernosa. Pelle con Lanegan è un episodio minore, quasi goffo, dolce, ma capace di far riaffiorare le vene nere di quegli anni. Non è nostalgia: con Lanegan qualcosa collassa nello spazio, e la materia non si sostituisce alla materia. Come un congegno che si spegne da sé per illuminarsi, per sempre, altrove. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1449 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati