Voi sapete che in genere, alla fine di qualsiasi libro – romanzi, saggi – trovate una o due paginette di ringraziamenti. È un gesto garbato che ormai tende a sostituire la dedica e che, come la dedica, di rado è memorabile (in questo momento me ne viene in mente solo una che ancora mi piace e che suonava più o meno così: al mio bambino, senza il quale questo libro sarebbe stato scritto nella metà del tempo). Chi scrive, a opera finita, si dichiara grato al coniuge, al convivente, ai genitori, a colleghi e amici che gli hanno dato preziosi suggerimenti. Le persone ringraziate sono sempre queste, sicché è bello quando a volte l’autore inserisce qualcuno che vi fa esclamare: toh, ecco una categoria da non trascurare. Lo ha fatto Antonio Damasio, neuroscienziato, in fondo al suo Sentire e conoscere (Adelphi 2022). Lì, chi ha lo straordinario privilegio di avere un ambiente dove può lavorare ascoltando musica, chi insomma sa che la testa gli può andare in tilt se la musica non la soccorre, troverà con piacere tra i ringraziati non tanto Bach – che va da sé – quanto Elena Andreyev, violoncellista, che, eseguendone le suite, ha assicurato a Damasio, tra gli altri, stabilità e chiarezza mentre scriveva di sistema nervoso, emozioni, mente, coscienza, vita attraverso quattro miliardi di anni. Questo è garbo. E il garbo tra sapiens , di questi tempi, va potenziato.

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Questo articolo è uscito sul numero 1463 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati