03 maggio 2020 09:30

Nelle strade di Amsterdam i bambini trascorrono “le vacanze del covid-19” sfrecciando sui loro monopattini. A Parigi, intanto, i loro coetanei sono chiusi in casa davanti ai videogiochi, mentre a Dakar si occupano dei fratelli più piccoli. Nessuno di loro va a scuola. Secondo l’Unesco, l’agenzia delle Nazioni Unite che promuove l’istruzione e la cultura, al momento più di tre quarti dei circa 1,5 miliardi di scolari del mondo non possono andare in classe. In gran parte della Cina e della Corea del Sud gli studenti non vanno a scuola da gennaio, mentre in Portogallo e in California le lezioni non riprenderanno prima di settembre.

In passato si è sempre cercato di tenere le scuole aperte, anche durante le guerre, le carestie e gli eventi atmosferici estremi. L’estensione e la durata dell’attuale chiusura è senza precedenti nei paesi ad alto reddito. I costi sono enormi: nell’immediato limita la possibilità dei genitori di essere produttivi, perché devono occuparsi dei figli, ma l’aspetto più grave è che sul lungo periodo la lontananza dai banchi di scuola compromette l’apprendimento e lo sviluppo degli studenti. Questi costi penalizzano soprattutto i ragazzi che hanno più bisogno dell’istruzione. Senza un intervento deciso, gli effetti di queste carenze potrebbero condizionare tutta la loro vita.

Per questo motivo, nel 2003, il governo di Singapore dimezzò le vacanze di giugno (portandole da un mese a due settimane) per recuperare il tempo perduto a causa della chiusura dovuta all’epidemia di Sars. Anche le interruzioni brevi hanno effetti negativi. Negli Stati Uniti gli alunni di terza elementare che saltano la scuola per le chiusure dovute al maltempo ottengono risultati peggiori agli esami di valutazione. Nel 1990 gli studenti belgi francofoni, rimasti senza lezioni per uno sciopero di due mesi degli insegnanti, avevano avuto una maggiore probabilità di perdere l’anno e una minore probabilità di ottenere un’istruzione superiore rispetto ai coetanei fiamminghi risparmiati dallo sciopero. Secondo alcuni studi, durante le lunghe vacanze estive i bambini statunitensi perdono tra il 20 e il 50 per cento di quello che hanno imparato durante l’anno.

Esami finali
La chiusura delle scuole colpirà soprattutto gli alunni più piccoli. “Con dei corsi estivi si può recuperare in matematica, ma per il tipo di cose che s’imparano nelle prime fasi del percorso scolastico è molto più difficile fare una cosa del genere”, spiega Matthias Doepke, dell’università Northwestern, negli Stati Uniti. Le capacità emotive e sociali come il pensiero critico, la tenacia e l’autocontrollo sono indicatori fondamentali per lo sviluppo futuro, dal successo accademico all’impiego lavorativo, dalle condizioni di salute alla probabilità di finire in prigione. Inoltre, mentre gli studenti più grandi possono usare in autonomia un computer, i più piccoli imparano molto di più quando lo studio digitale è supervisionato da un adulto.

Poi ci sono gli studenti alle prese con esami importanti. La Germania ha deciso di riaprire le scuole per i ragazzi dell’ultimo anno delle superiori che devono sottoporsi alle prove di valutazione. Ma la maggior parte dei paesi non ha intenzione di farlo. La Cina ha posticipato a luglio l’esame finale (gaokao). Regno Unito e Francia hanno cancellato le prove di quest’anno. I voti finali verranno stabiliti anche in base alle previsioni degli insegnanti sui possibili progressi dello studente. Questo aspetto alimenta ulteriormente la paura di un aumento della disuguaglianza, perché alcuni esperti temono che gli insegnanti possano inconsciamente discriminare gli studenti più svantaggiati con voti ingiustamente bassi.

Secondo un calcolo “conservativo” dell’istituto di statistica norvegese, la chiusura scolastica (dagli asili nido ai licei) comporta una perdita economica di circa 1.809 miliardi di corone (158 milioni di euro) al giorno. Gran parte di questa cifra è una stima dai redditi futuri persi a causa dell’interruzione della loro istruzione (si presuppone che in questo momento gli alunni stiano assorbendo circa la metà delle conoscenze rispetto alla norma). Il resto della cifra è costituito dalla perdita di produttività dei genitori.

Alcuni studenti hanno dovuto trovare un impiego per aiutare i genitori che hanno perso il lavoro

Naturalmente la scuola non si è fermata completamente. Circa il 90 per cento dei paesi ad alto reddito ha creato una qualche forma di apprendimento a distanza (rispetto al 25 per cento di quelli a basso reddito), ma le videolezioni hanno dei limiti. I bambini più poveri potrebbero avere connessioni internet scadenti. Potrebbero dover condividere i dispositivi e le loro case potrebbero essere sovraffollate o rumorose. Del quarto più povero dei bambini statunitensi, uno su quattro non ha accesso a un computer a casa.

I bambini provenienti da famiglie più povere hanno anche meno probabilità di avere genitori istruiti che li spingono a seguire le lezioni a distanza e che li aiutano con i compiti. Secondo i dati dell’organizzazione benefica Sutton Trust, nel Regno Unito più della metà degli alunni delle scuole private segue quotidianamente le lezioni online, contro il 20 per cento dei loro coetanei delle scuole pubbliche (è più probabile che a offrire la didattica a distanza sia una scuola privata). Nelle prime settimane di lockdown alcuni istituti statunitensi hanno riferito che più di un terzo degli studenti non si era neanche registrato alla piattaforma scolastica né tantomeno frequentato le lezioni. Le scuole delle élite, invece, vantano una frequenza vicina al 100 per cento. Le famiglie più ricche hanno assunto insegnanti privati a tempo pieno.

Ashley Farris, insegnante di lingua inglese del liceo Kipp di Denver, in Colorado, racconta che molti studenti non partecipano alle lezioni virtuali. L’istituto ha fatto il possibile per garantire un computer e un accesso a internet a tutti, ma il divario digitale non è l’unico problema. Alcuni studenti hanno dovuto trovarsi un lavoro per aiutare i genitori che hanno perso il lavoro. Altri devono occuparsi dei fratelli più piccoli.

Secondo Becky Francis, dell’organizzazione benefica Education endowment foundation, nel Regno Unito la chiusura degli istituti potrebbe far aumentare il divario nell’apprendimento tra i ragazzi che fanno affidamento sui pasti delle mense scolastiche (un segno che le loro famiglie hanno difficoltà economiche) e gli altri. Nel corso dell’ultimo decennio questa discrepanza, misurata attraverso i risultati agli esami, si è ridotta di circa il 10 per cento, ma Francis teme che la chiusura dovuta al virus potrebbe invertire la tendenza. In estate non tutti potranno ricorrere a un insegnante privato. Questo significa che durante il blocco alcuni studenti potranno placare la loro sete di conoscenza grazie all’assistenza di genitori istruiti e insegnanti privati, mentre altri dovranno fare a meno di entrambi.

L’importanza delle elementari
La scuola primaria normalmente rappresenta un’occasione importante per colmare le carenze che emergono nei primi anni dello sviluppo. Ora si è persa questa opportunità. Per avere un’idea delle conseguenze sui bambini più svantaggiati basta considerare il progetto Perry Preschool degli anni sessanta, uno studio condotto a Ypsilanti, in Michigan. In quel caso i ricercatori avevano esaminato un gruppo di bambini provenienti da famiglie in difficoltà che non avevano frequentato l’asilo, riscontrando conseguenze negative che duravano per tutta la vita.

La palestra di una scuola a Gladsaxe, Danimarca, usata come aula per le lezioni frontali, 14 aprile 2020. (Liselotte Sabroe, Ritzau Scanpix/Reuters/Contrasto)

Secondo Matthias Doepke, alla fine dell’estate il nutrito gruppo di bambini statunitensi che ha cominciato a perdere nozioni con la chiusura delle scuole avrà sostanzialmente saltato un anno di scuola. Dato che ogni anno scolastico è associato a un aumento degli introiti annuo di circa il 10 per cento, le conseguenze per questi studenti sono enormi. “Ho paura che se non si prenderanno provvedimenti ci sarà un aumento della disuguaglianza con una riduzione della mobilità sociale”, aggiunge Doepke.

Cosa si può fare per limitare i danni? Il governo finlandese ha introdotto forme di apprendimento a distanza solo dopo aver verificato che quasi tutti i bambini avrebbero potuto accedervi. La Corea del Sud ha prolungato le vacanze scolastiche per avere il tempo di formare gli insegnanti e distribuire dispositivi laddove necessario. “Nella mia scuola, frequentata da mille studentesse, solo 13 hanno chiesto in prestito un tablet, perché avevano molti fratelli in casa”, racconta Hyunsu Hwang, insegnante di lingua inglese del liceo femminile Inmyung di Incheon. Oggi gli insegnanti sudcoreani usano una combinazione tra lezioni interattive in tempo reale, materiale pre-registrato ed esercizi online. Il 9 aprile, quando è partita l’apertura graduale delle scuole, la frequenza ha raggiunto il 98 per cento.

Andreas Schleicher dell’Ocse (che comprende i paesi industrializzati) sostiene che se la caveranno meglio i sistemi scolastici in cui i bambini sono abituati a lavorare in modo autonomo. “Se per tutta la sua vita scolastica un bambino è stato ‘imboccato’ costantemente dall’insegnante, quali motivazioni potrà avere a studiare in modo indipendente?”. In Estonia e in Giappone la maggior parte degli studenti è abituata “alle attività auto-regolamentate”. Nei paesi dell’Ocse la percentuale media si avvicina al 40 per cento, ma in paesi come Francia e Spagna questo livello di autonomia è raro.

Alla fine, l’unico modo per garantire un’istruzione a tutti i bambini è farli tornare in aula. Nella scuola elementare Alan Turing di Amsterdam si è capito subito che 28 dei 190 alunni non avrebbero potuto seguire le lezioni online. La scuola ha deciso di riaprire tre giorni alla settimana per accogliere 15 di questi bambini, e ha trovato altri modi per aiutare gli altri 13, ricorrendo per esempio all’assistenza dei vicini di casa. “All’inizio avevamo l’impressione di fare qualcosa di illegale”, racconta la dirigente scolastica Eva Naaijkens. “Ma non potevamo accettare che alcuni alunni abbandonassero gli studi”. Naaijkens stima che in questo momento i suoi insegnanti possono trasmettere il 40 per cento delle conoscenze che i bambini acquisirebbero in circostanze normali.

Oltre ad aver autorizzato il ritorno in classe degli studenti dell’ultimo anno delle superiori, il governo danese ha riaperto gli asili nido e le scuole materne. La decisione di privilegiare i più piccoli è stata presa considerando l’importanza dell’apprendimento nella fase iniziale, le difficolta dei genitori che devono prendersi cura dei bambini e il rischio apparentemente ridotto di contagio e di trasmissione del virus da parte dei più piccoli.

In tutto il mondo molti genitori sperano che le scuole possano riaprire in tempi brevi e in modo sicuro. Alcuni bambini, dal canto loro, avranno sicuramente sentimenti contrastanti all’idea di dover rinunciare a giocare all’Xbox per tornare alle lezioni di geografia. Ma le vacanze prima o poi devono finire. E per il futuro dei bambini che girano in monopattino per le strade di Amsterdam la riapertura parziale delle scuole elementari olandesi, l’11 maggio, è un’ottima notizia.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Quest’articolo è uscito sull’Economist.

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