10 febbraio 2021 13:00

“Vivere in Cina oggi può confondere, perché ci si può sentire contemporaneamente in Corea del Nord e negli Stati Uniti”, ha detto una volta il romanziere Yan Lianke. Ricordo di aver sorriso e annuito quando lo scrittore fece quest’osservazione nel corso di una tavola rotonda organizzata nel campus della Duke University, fuori Shangai, tre anni fa. In una breve frase aveva colto quanto speciale e strana possa apparire la Cina: un paese dove coesistono i gulag e i negozi di Gap.

L’affermazione di Yan sottolineava quanto fosse difficile etichettare la Cina, ma nel corso del tempo sono rimasto colpito da come lo stesso valga per il presidente cinese Xi Jinping. Da certi punti di vista Xi – diventato capo del partito comunista nel 2012 e leader del paese l’anno successivo – sembra riportare la Cina indietro nel tempo. Da altri si presenta come un sostenitore del libero mercato, aperto al mondo, capace d’impressionare il pubblico di Davos promuovendo la globalizzazione e facendo aderire Pechino ad accordi di libero scambio.

In parte la cosa è dovuta a un’incomprensione dei piani e delle priorità di Xi Jinping, che porta molti degli osservatori esterni a credere che il presidente cinese possa essere un riformatore sul modello dell’ex leader russo Mikhail Gorbaciov. Mentre le sue mosse – reprimere il dissenso, rimuovere i limiti al suo mandato, costruire un culto della personalità – l’hanno avvicinato semmai al presidente russo Vladimir Putin o addirittura a quello nordcoreano Kim Jong-un. Nel farlo ha accentrato nelle sue mani più potere di qualsiasi leader cinese dai tempi di Mao Zedong e ha, al contempo, strizzato l’occhio al confucianesimo, indossato divise militari e assunto una serie crescente di titoli onorifici, un atteggiamento che ricorda il leader nazionalista Chiang Kai-shek.

I paragoni sono imperfetti: Xi chiaramente non è uguale a nessun leader cinese del passato né ad alcun altro capo di stato di oggi. Eppure di recente, riflettendo sulle sue somiglianze con altri uomini forti e autocrati, c’è una sua caratteristica del tutto unica che ha finito per ossessionarmi: la mancanza di una biografia in lingua inglese che analizzi approfonditamente e con attenzione la sua vita.

I fattori in gioco sono naturalmente molti, tra cui la mancanza di fonti credibili che conoscano Xi e parlino onestamente di lui

In una libreria ben fornita si possono trovare varie biografie di Putin, una di Kim uscita nel 2019 e un’altra pubblicata nel 2020, oltre a quelle del presidente filippino Rodrigo Duterte e del primo ministro ungherese Viktor Orbán. Ma se il vostro obiettivo fosse quello di acquistare un volume analogo sulla vita del leader più potente che la Cina ha avuto da decenni – una persona che, per certi versi, è la più potente al mondo – rimarreste a mani vuote.

Ci sono, naturalmente, libri su Xi Jinping. Solo che non sono biografie scrupolose e di livello, ma rientrano invece in altre categorie: agiografie in cinese pubblicate per il consumo interno; volumi di gossip, sempre in cinese e basati su fonti poco serie, sulla falsariga delle vite segrete degli imperatori, la cui vendita è vietata nella Cina continentale; e opere in varie lingue con il nome del presidente in copertina ma non dedicate alla descrizione e all’analisi della sua vita. Sul leader cinese, degni di nota, sono usciti solo alcuni episodi di podcast o articoli con ritratti approfonditi. Anche se hanno fatto luce su parti importanti della vita e della personalità di Xi Jinping, colpisce che esista solo una manciata di opere che valga la pena citare, visto il potere che l’uomo esercita da ormai quasi un decennio.

Per capire cosa spieghi quest’eclatante penuria, ho chiesto un parere a giornalisti e ricercatori che si sono occupati del presidente cinese in formati diversi dal libro o che hanno cercato di spiegare le vite di personaggi contemporanei che condividono con lui alcuni tratti (due delle persone con cui ho parlato rientrano in entrambe le categorie). I fattori in gioco sono naturalmente molti, tra cui la mancanza di fonti credibili che conoscano Xi e parlino onestamente di lui (“il mio regno per un disertore!”, mi dice Evan Osnos, gioenalista del New Yorker che ha scritto un profilo di Xi) e in generale l’impossibilità di accedere al leader cinese.

Steven Lee Myers del New York Times, che si occupa di Cina per il giornale ed è autore di una biografia di Putin, ha notato che, nonostante il leader russo sia “molto circospetto, soprattutto nei confronti della stampa straniera”, incontra comunque “giornalisti e altre figure con regolarità, accettando domande e rispondendo dettagliatamente”. Xi, invece, “non accetta quasi mai di rispondere alle domande, neppure quelle amichevoli”. Anna Fifield, ex responsabile dell’ufficio di Pechino per il Washington Post e autrice di una recente biografia di Kim, mi ha detto che Xi potrebbe essere definito “un bersaglio difficile quanto Kim” per uno scrittore, ma che “lo standard” richiesto nello scrivere del leader cinese “è più alto perché si pensa che si dovrebbe riuscire a saperne di più su di lui”.

Ci sono poi altri problemi. Per Xi “il tratto distintivo prima di arrivare al potere era la prudenza”, mi spiega Joseph Torigian, docente all’American University, che mi fa anche notare che lo studio della politica delle élite, almeno in senso biografico, sia ormai fuori moda negli ambienti accademici. Ultimo fattore, ma non meno importante, è la paura: il timore che scrivere un libro critico su Xi Jinping possa compromettere in futuro la possibilità di entrare in Cina, per non parlare di altre forme di attacchi in rete o nella vita reale (negli ultimi anni cinque librai di Hong Kong, coinvolti nella pubblicazione di resoconti sulle vite private dei dirigenti cinesi, sono stati rapiti e portati nella Cina continentale e, in un caso, espulsi verso la Thailandia).

La mancanza di biografie ha anche delle implicazioni più ampie, in particolare per i paesi che hanno rapporti con Xi e con la Cina

Non è sempre stato così per i leader cinesi. Uno dei predecessori di Xi, Jian Zemin, era disposto a concedere interviste a una tv statunitense, per esempio. E nonostante non esistano importanti biografie in inglese dell’ultimo leader cinese, Hu Jintao, il motivo principale non è l’imperscrutabilità di Hu. “Alcune persone sono semplicemente troppo noiose per una biografia”, mi dice lo storico John Delury, autore insieme a Orville Schell di un libro che traccia il profilo di vari dirigenti e pensatori cinesi. Non sorprende quindi forse che Hu non sia incluso nel libro di Delury e Schell.

Xi non è certo noioso. Sotto la sua autorità l’influenza economica e militare della Cina è rapidamente cresciuta. Ha presieduto all’incarcerazione di massa dei musulmani uiguri nella regione occidentale dello Xinjiang. E Pechino ha vigorosamente represso la stampa libera e le critiche nei confronti del Partito comunista cinese, nella Cina continentale e altrove. Sotto il suo comando le libertà sono state drasticamente ridotte a Hong Kong, una città ufficialmente autonoma. Tanto che nel 2017 Xi ha presieduto alla più grande parata militare tenutasi nella metropoli dai tempi della riconsegna dell’ex colonia britannica da parte del Regno Unito.

Il mio interesse per la questione della mancanza di un libro in inglese su Xi è quindi più di un’ossessione arbitraria. Se non altro ci dice che la repressione orchestrata da Xi è tale che oggi sappiamo pochissimo su di lui. E che pochissimi, tra quanti lo conoscono davvero, sono disposti a parlarne.

Ma la mancanza di biografie ha anche delle implicazioni più ampie, in particolare per i paesi che hanno rapporti con Xi e con la Cina (vale a dire tutti). Il leader cinese ha un potere talmente più grande di qualsiasi suo predecessore recente che una comprensione della sua personalità è molto più importante che nel loro caso. È inoltre fondamentale conoscere bene chiunque sia al centro di un culto della personalità di un paese importante, anche se, come mi ha detto Alice Su, responsabile dell’ufficio di Pechino del Los Angeles Times, il culto di Xi sembra generare emozioni meno forti rispetto a quello di Mao.

Brandelli di notizie
Sfortunatamente l’assenza d’informazioni su Xi e la mancanza di accesso alla sua cerchia più intima ha portato a guardare al personaggio in due modi, apparentemente seducenti ma in fin dei conti fallaci.

Il primo, molto diffuso quando Xi è diventato presidente, usava i pochi brandelli d’informazioni biografiche come prova che sarebbe stato quel tipo di leader che molti, in occidente, speravano avrebbe preso il potere a Pechino: un riformatore politico. Alcune valutazioni affrettate – una delle più lette, grazie all’alto profilo del suo autore, era quella di Nicholas Kristof, ex corrispondente dalla Cina e premio Pulitzer – sottolineavano il fatto che il padre di Xi era stato un consulente di Deng Xiaoping, di simpatie liberali. Questo, sostennero Kristof e altri, significava che le tendenze riformiste facevano parte del dna di Xi. Queste e altre scarne notizie sulla sua vita venivano prese come prova del fatto che Xi avrebbe allentato il controllo delle autorità sulla popolazione. Con il senno di poi questa previsione, su questioni che vanno da Hong Kong allo Xinjiang, si è dimostrata clamorosamente sbagliata.

Il secondo punto di vista sul presidente cinese si sofferma su altri due aspetti della sua storia personale: il fatto che sia cresciuto durante l’era di Mao e, guardando allo status privilegiato del padre, che Xi possa essere considerato un “principino”, figlio di un riverito dirigente rivoluzionario cinese. Da questo deriva l’idea che, per capirlo, sia sufficiente trattarlo come una versione aggiornata degli autocrati cinesi del passato. Così facendo s’ignora che, a differenza di Mao, Xi non mostri alcun interesse per i movimenti di massa o la lotta di classe. E che non c’è alcun segno del fatto che stia allevando un suo familiare che prenda il suo posto in futuro.

Oggi in Cina accadono molte cose che non possono essere ridotte alla personalità e alla vita di un individuo. Buona parte degli scritti migliori sul paese negli ultimi decenni sono opera di accademici e giornalisti che hanno adottato approcci dal basso.

Ma per un paese che per certi versi, come ha detto Yan Lianke, ricorda sia la Corea del Nord sia gli Stati Uniti, e che sembra contemporaneamente scivolare nel passato e lasciarselo alle spalle, non serve a nulla pensare a Xi come a una figura del tutto nuova o come a un semplice ritorno al passato. È arrivato il momento di capire qualcosa di più – anche se non è facile immaginare come – su cosa animi l’uomo forte autoritario, vigoroso nazionalista e ossessionato dall’ordine che guida oggi la Cina.

(Traduzione di Federico Ferrone)

L’originale di questo articolo è stato pubblicato sull’Atlantic.

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