05 gennaio 2023 10:51

Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, dieci mesi fa, l’esercito russo ha affrontato diversi fallimenti. Ma niente aveva suscitato reazioni paragonabili a quelle arrivate dopo il disastro di Makiïvka, nei territori ucraini occupati dai russi nel Donbass, dove un attacco ucraino ha provocato centinaia di morti. Oggi viene da chiedersi se in futuro parleremo di un “prima” e di un “dopo” Makiïvka.

Il 4 gennaio lo stato maggiore russo ha rivisto il bilancio portandolo da 63 a 89 vittime, mentre fonti ucraine e russe parlano invece di trecento o addirittura quattrocento morti. L’edificio colpito dai missili ucraini è stato completamente distrutto, senza dubbio perché ospitava anche un deposito di armi.

Lo scaricabarile delle responsabilità
Il presidente russo Vladimir Putin è rimasto in silenzio davanti a quella che in Russia è stata vissuta come una tragedia. Eppure, per quanto resti isolato all’interno del Cremlino, il presidente coglie di sicuro il sentimento della popolazione e le critiche che ormai da due giorni travolgono l’esercito. Le accuse risparmiano lo “zar”, che è ancora inattaccabile, ma chiedono giustizia e perfino vendetta. Il bersaglio principale è la gerarchia militare, giudicata responsabile della serie di errori che hanno portato a questo disastro.

I blogger nazionalisti russi hanno manifestato apertamente la loro rabbia verso i vertici militari

La reazione di Margarita Simonyan, direttrice della tv russa RT e sostenitrice di Putin, è stata significativa. Simonyan ha lodato l’impegno dell’esercito per individuare i responsabili, aggiungendo che “bisogna capire che l’immunità non porta alla tranquillità sociale, ma a nuovi reati e dunque al disordine pubblico”. Alcuni blogger russi che approvano la guerra hanno manifestato in modo più diretto la loro rabbia nei confronti dei militari. Da due giorni le reazioni più forti arrivano da Samara, una città industriale sul Volga da dove provenivano alcuni dei deceduti. A Samara si è svolta una cerimonia sobria e controllata dal governo, con il discorso della madre di un soldato assolutamente in linea con il Cremlino.

La donna ha addirittura chiesto a Putin di confermare la mobilitazione generale per vincere la guerra. Un deputato locale ha invece chiesto quali insegnamenti saranno tratti da questa tragedia e chi sarà ritenuto responsabile. Nell’immediato l’esercito si è difeso. Il 4 gennaio lo stato maggiore russo ha dichiarato che i soldati russi sono stati individuati dagli ucraini a causa dei loro telefoni cellulari. Ma sui social network l’opinione pubblica accusa i militari di incolpare le vittime e sottolinea che gli ufficiali sono comunque responsabili del destino dei loro uomini.

Questo scaricabarile si svolge nel contesto di una rivalità tra gruppi, con una figura che emerge sempre di più: quella di Evgenij Prigožin, il fondatore dell’esercito privato Wagner. L’ambizioso Prigožin si mostra nei video girati al fronte, circondato dai soldati. Questi video servono a fare vedere che Prigožin ha il coraggio di sostenere gli uomini in difficoltà a Bakhmut, laddove il ministro della difesa Sergej Shoigu o il capo dell’esercito Valerij Gerasimov non sono stati visti spesso in prima linea negli ultimi mesi. Queste battaglie tra gruppi si inaspriscono a ogni fallimento dell’esercito. Makiïvka lascerà sicuramente tracce profonde, ancora difficili da determinare.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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