04 settembre 2018 10:35

A quanto pare la causa di tutti i mali è evidente. Non c’è quasi più nessuno che, almeno in pubblico, approvi la scelta di Angela Merkel di aver aperto le porte della Germania a un milione di profughi. Sono passati tre anni, e se allora in pochi avevano criticato Merkel, oggi l’atto d’accusa è impietoso.

È stata la scelta di Merkel, dicono, a rafforzare i movimenti dell’estrema destra permettendo a molti suoi esponenti di farsi eleggere o rieleggere. Secondo questa tesi la cancelliera tedesca sarebbe stata la madrina della coalizione tra centrodestra ed estrema destra in Austria e della Lega in Italia. Senza di lei, aggiungono gli oppositori del governo in Ungheria, Viktor Orbán avrebbe potuto perdere le ultime elezioni o comunque non raggiungere la maggioranza dei due terzi in parlamento, che gli conferisce così tanto potere.

Questi sono i fatti, e sono tanto più inquietanti se pensiamo che Orbán sembra deciso a unire le nuove estreme destre – i democratici cristiani, come li chiama lui, rubando il nome alla Democrazia cristiana – e portarle alla vittoria alle elezioni europee della prossima primavera.

Il progetto delle destre
È un obiettivo difficile da realizzare. Ma resta il fatto che la sinistra è in crisi un po’ dappertutto e le destre tradizionali sono divise, tanto che i parlamentari d’estrema destra potrebbero effettivamente rivestire un ruolo cruciale al parlamento europeo, costringendo i conservatori più moderati ad allearsi con loro. La prossima primavera il parlamento potrebbe finire nelle mani delle destre radicali, che non chiedono più l’uscita dei loro rispettivi paesi dall’Unione europea, ma vorrebbero assumerne il controllo e rafforzarla a proprio vantaggio.

Questo è l’obiettivo di Matteo Salvini e Viktor Orbán, che hanno appena sancito la loro alleanza in Italia, tra grandi abbracci. Se la prossima non sarà la volta buona, potranno comunque riprovarci nel 2024, dopo aver fatto sicuramente importanti progressi nel 2019. Il presidente francese Emmanuel Macron non si sbagliava nel definire Orbán come l’incarnazione dell’Europa dei nazionalismi, quella che bisogna combattere. Il primo ministro ungherese, d’altronde, non ha lesinato le frecciate contro Macron. Ma davvero è giusto dare la colpa ad Angela Merkel per questa situazione?

Immaginiamo per un istante che la cancelliera non abbia aperto le porte ai profughi nel 2015. Le persone che i tedeschi hanno accolto avrebbero continuato a vagare per l’Europa centrale, sballottate da una frontiera all’altra, sempre più disperate. In questo modo avrebbero creato un caos fatto di drammi e violenze. La situazione sarebbe stata assolutamente tragica e ancora più vantaggiosa per le estreme destre.

Tutto quello che è successo dopo il 2015 sarebbe successo lo stesso, ma su scala ancora maggiore. Merkel non si è comportata da apprendista strega, come sostengono molti, ma da leader saggia e responsabile, soprattutto se pensiamo che la Germania ha bisogno di manodopera ed è capace, come dimostrano i fatti, di integrare i rifugiati.

Invece di perdere tempo lanciando accuse infondate contro la cancelliera, bisognerebbe capire se e come possiamo contrastare la campagna elettorale che Orbán e i suoi amici (e ne ha molti nell’Unione) si preparano a incentrare solo sul tema dell’immigrazione.

La tv ungherese parla di Parigi come di una giungla dove c’è bisogno di uscire di casa armati

Le estreme destre dicono che bisogna difendere l’Europa cristiana dall’immigrazione musulmana e le trasformazioni che imporrebbe alla nostra civiltà. Questa tesi fa proseliti a destra ma anche al centro e a sinistra, dove la paura dell’islam è altrettanto forte. Eppure smentirla non è complicato.

Bisogna sostenere che sono le dittature arabe e la povertà a spingere i profughi verso l’Europa, e non un fantomatico piano d’invasione, aggiungendo che il sostegno accordato a queste dittature dalle estreme destre (a cominciare da Orbán) alimenta l’immigrazione.

Inoltre, è necessario tentare di dividere le forze che sostengono il presidente russo Vladimir Putin e quelle che lo temono, come la Polonia e l’Ungheria. E infine è fondamentale mettere in evidenza le due principali contraddizioni di Orbán.

Sconfiggere la retorica
Il primo ministro ungherese si dice favorevole alla creazione di un esercito europeo e agli aiuti economici europei per i paesi poveri da cui partono i migranti. Molto bene, è un’ottima idea. Ma com’è possibile creare un esercito e organizzare un piano di aiuti senza un progetto d’integrazione europea più forte?

A questa domanda i sostenitori di Orbán non sanno cosa rispondere e lo stesso primo ministro è in difficoltà. L’estrema destra è molto brava a gridare “al lupo”, e vista da Budapest la Francia sembra quasi la Siria, o almeno l’Iraq. I tassisti si rivolgono ai francesi con compassione e la tv ungherese parla di Parigi come di una giungla dove c’è bisogno di uscire di casa armati. Secondo gli ungheresi, noi europei occidentali, noi “liberali” che abbiamo abbandonato la fede dei padri, accettato i matrimoni omosessuali e ceduto alle sirene del “relativismo morale”, staremmo pagando per i nostri errori, errori che i paesi dell’Europa centrale si preparano a correggere.

Certo, come no. Forse è arrivato il momento di contrastare queste stupidità, di rispondere e proporre politiche europee – migratorie, ma soprattutto economiche e sociali – che possano convincere gli elettori.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito su Challenges.

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