13 febbraio 2019 17:50

A Strasburgo è andata male, anzi malissimo a Giuseppe Conte. Lui che era stato invitato al parlamento europeo per discutere delle prospettive dell’Unione invece ha dovuto affrontare un processo. Un processo in cui non si parlava del futuro dell’Ue ma delle malefatte, vere o presunte, dell’Italia “gialloverde”.

E siamo arrivati pure agli insulti. Non a caso diversi osservatori si sono ricordati dell’apparizione di un altro presidente del consiglio italiano davanti al parlamento europeo, quella di Silvio Berlusconi nel luglio del 2004. Ma il paragone regge fino a un certo punto. Allora era Berlusconi a insultare gli europarlamentari, partendo da Martin Schulz – “perfetto nella parte del kapò” – per arrivare all’emiciclo intero – “siete turisti della democrazia”.

Questa volta i parlamentari europei si sono trovati di fronte a un premier italiano misurato nei toni che invece di insultare è stato aspramente criticato. La sua colpa? Quella di essere un “burattino mosso da Di Maio e Salvini”, come ha affermato Guy Verhofstadt, capogruppo dei liberali di Alde.

Il discorso di Guy Verhofstadt al parlamento europeo, in italiano

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Non tutti quelli che hanno preso la parola per i gruppi dei socialisti e democratici, dei popolari e dei verdi sono arrivati a tanto. Erano però sostanzialmente d’accordo a formulare un elenco di accuse che comprendeva la recessione, la questione dei migranti, la Tav, il Venezuela.

Ma fino a che punto quelle accuse reggono? Cominciamo dalla recessione, quella “tecnica” in cui l’Italia si trova perché per due trimestri di seguito – il terzo e il quarto del 2018 – ha visto calare il pil. Contro Conte si è scagliato Manfred Weber, il capogruppo dei popolari: “La recessione italiana è un problema per tutta l’Europa ed è colpa del vostro governo, non degli altri”. Un’affermazione audace: che l’Italia sia entrata in crisi dal 1 luglio perché dal 1 giugno a Roma comandano Luigi Di Maio e Matteo Salvini è poco credibile.

Nel 2019, secondo gli ultimi pronostici, tutta l’eurozona dovrebbe crescere dell’1,3 per cento, l’Italia dello 0,2 per cento. Il differenziale c’è ma ormai è quasi storico. Da anni, non dall’avvento della coalizione “populista”, l’Italia accusa una crescita più lenta rispetto al resto dell’Europa.

Sui migranti i paesi filoeuropei non si prodigano a trovare soluzioni condivise

Ma arriviamo al secondo capo d’accusa, i migranti. Conte nel suo discorso si era lamentato del fatto che l’Italia è e rimane sola. Il socialdemocratico tedesco Udo Bullmann gli ha risposto che “chi non aiuta i migranti non sono i filoeuropei, ma Kaczyski e Orbán, gli alleati di Salvini”. Verissimo il discorso sugli amici polacchi e ungheresi del ministro dell’interno, più opinabile l’affermazione sui “filoeuropei”. Che non si prodigano troppo per trovare soluzioni condivise.

La Francia? Tiene chiusa la sua frontiera verso l’Italia e pratica una dura politica di respingimenti. La Spagna? Ha eretto i recinti di Ceuta e Melilla e usa metodi spicci verso i pochi che riescono a superarli. La Germania? A suo tempo criticava Roma (al governo c’era Enrico Letta) per la missione Mare nostrum, ma oggi è ben contenta che di profughi dall’Italia ne arrivino ben pochi.

Un isolamento senza precedenti
E siamo alla Tav, difesa da Weber perché porterebbe crescita. Andrebbe detto a Weber che le perplessità sulla Tav non nascono da un antieuropeismo preconcetto – infatti la Lega è entusiasta del progetto – ma da serie riflessioni sull’impatto ambientale e sulla sensatezza economica dell’opera.

Anche il discorso sul Venezuela è un po’ più complesso di quanto lo presenti Verhofstadt. Lui è convinto che l’Italia di Salvini e Di Maio sia “sotto pressione del Cremlino e di Putin”. Ma proprio l’amico di Vladimir Putin, Matteo Salvini, sul paese latinoamericano sposa la linea europea più favorevole al presidente del parlamento Juan Guaidó, mentre le perplessità sono nate all’interno del Movimento 5stelle.

Al di là del merito delle singole questioni discusse al parlamento europeo rimane comunque l’impressione di un’Italia isolata in Europa come non mai negli ultimi decenni. Un isolamento che non dovrebbe preoccupare tanto la Lega di Salvini quanto i cinquestelle. Vi ricordate? Neanche due anni fa a Strasburgo cercavano di sganciarsi dal gruppo parlamentare di Nigel Farage e di entrare nell’Alde di Verhofstadt (che era d’accordissimo ma poi fu bloccato dal suo stesso gruppo).

Ancora nella primavera del 2018 strizzavano pure l’occhio a Emmanuel Macron, ormai invece assurto a nemico giurato. E agivano nel parlamento europeo votando più con la sinistra e i verdi che non con i populisti di destra. Prima delle elezioni del 2018 infine teorizzavano un asse del sud, con la Spagna, la Grecia, il Portogallo, per cambiare gli equilibri nell’Unione europea.

Di tutto questo ormai non si trova più traccia. Anche il Movimento 5 stelle, come la Lega, sembra deciso a giocarsi la campagna delle elezioni europee con un “soli contro tutti”. Con la piccola differenza che la Lega non è affatto sola, ma si trova in bella compagnia: con Le Pen, i Freiheitlichen austriaci, l’olandese Geert Wilders, l’Afd tedesca e tanti altri.

A rimanere soli, e senza alcuna prospettiva strategica in Europa, sono Di Maio e i suoi. La Lega invece non può che rallegrarsi del grande assist che gli ha dato il parlamento europeo con il suo processo a Giuseppe Conte e all’Italia intera.

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