02 dicembre 2019 11:58

Ci sono voluti due anni per trovare un principio di risposta agli interrogativi sollevati dall’assassinio della giornalista maltese Daphne Caruana Galizia. La vittima eccellente della vicenda è il primo ministro maltese Joseph Muscat, la cui posizione era ormai diventata insostenibile. Muscat ha annunciato che presto si farà da parte.

Due anni di pressioni locali e internazionali hanno fatto in modo che l’omicidio della giornalista, in un paese dell’Unione europea, non restasse impunito. La situazione sembrava senza speranze, ma negli ultimi giorni è arrivata la svolta che ha coinvolto l’entourage del primo ministro.

Caruana Galizia, 53 anni, era una di quei giornalisti che non mollano mai una pista, a prescindere dalle difficoltà e dai rischi, e si ostinava a lavorare sui dati emersi dai Panama papers, i documenti provenienti da un paradiso fiscale che hanno coinvolto importanti figure della politica maltese. Ma il 16 ottobre 2017, quando ha messo in moto la sua auto, Caruana Galizia è stata uccisa da una bomba. Un lavoro da professionisti.

Pressione costante
Al momento Joseph Muscat non è direttamente coinvolto dalle indagini, che tuttavia hanno evidenziato il ruolo dei suoi più stretti collaboratori. Due ministri e il capo di gabinetto di Muscat sono stati costretti alle dimissioni e una settimana fa un imprenditore vicino al governo è stato bloccato mentre si apprestava a fuggire a bordo di uno yacht, ed è tutt’ora in stato d’arresto.

Tutti gli interessati dall’indagine erano stati coinvolti dai Panama papers e dalle inchieste della giornalista sui conti offshore, il traffico d’influenze e gli introiti illeciti.

L’omicidio della giornalista maltese non è purtroppo un caso isolato in Europa

Per due anni il primo ministro si è rifiutato di rispondere alle domande della famiglia della giornalista, convinta che l’inchiesta non stesse facendo progressi. Ma la pressione è rimasta costante. Le organizzazioni per la difesa della libertà di stampa non hanno mai mollato la presa, mentre un gruppo di giornalisti ha portato avanti parte delle inchieste di Caruana Galizia pubblicandole sulle testate di 18 paesi con il nome di Daphne Project.

L’omicidio della giornalista maltese non è purtroppo un caso isolato in Europa. Pochi mesi dopo l’omicidio di Caruana Galizia, la Slovacchia ha vissuto un’esperienza simile con l’omicidio di Ján Kuciak e dell’archeologa Martina Kušnírová, la sua compagna. In quel caso il primo ministro slovacco è stato costretto a dimettersi da un’inchiesta che ha evidenziato legami tra politica e crimine organizzato.

La reazione della società slovacca è sfociata nella sorprendente elezione alla presidenza dell’avvocata attivista Zuzana Čaputová il cui primo gesto è stato quello di accendere una candela in memoria di Ján Kuciak.

È rassicurante vedere che all’interno dell’Unione europea l’impunità non è accettabile nel caso degli omicidi dei giornalisti. Tuttavia è giusto ricordare che su scala mondiale il 90 per cento dei reati di questo tipo non si conclude con una condanna giudiziaria.

In un momento in cui i giornalisti sono spesso presi di mira, la storia di Caruana Galizia ci ricorda la funzione sociale di professionisti che raccontano reati come l’evasione fiscale o la corruzione, spesso mettendo a repentaglio la propria vita.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

La storia della giornalista uccisa per le sue inchieste a Malta. Il video del Guardian.


Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it