09 marzo 2023 10:33

Chi ha sabotato i gasdotti Nord Stream 1 e 2 che collegavano la Russia alla Germania attraverso il mar Baltico? A settembre i due famosi progetti, simbolo assoluto della dipendenza della Germania dal gas russo (oggi superata), sono stati irrimediabilmente danneggiati sui fondali marini. Nessuno ha rivendicato quell’atto in piena guerra ucraina, favorendo la proliferazione di ipotesi, speculazioni e inevitabili teorie del complotto.

Ora sono arrivate nuove conclusioni, senza che però sia stata fornita una risposta definitiva sull’identità o la motivazione degli autori. L’8 marzo la Germania, che ha condotto l’inchiesta, ha rivelato di aver identificato un’imbarcazione che potrebbe aver condotto l’operazione. La nave era stata affittata da una società polacca controllata da alcuni cittadini ucraini.

La pista ucraina è stata subito smentita dalle autorità di Kiev, mentre il governo tedesco ha messo in guardia contro qualsiasi conclusione affrettata sottolineando che l’inchiesta è ancora in corso. Il ministro della difesa tedesco Boris Pistorius ha perfino evocato la possibilità che qualcuno abbia deliberatamente seminato indizi per confondere le acque. “Potrebbe essere stata un’operazione condotta sotto falsa bandiera. Non sarebbe la prima volta nella storia”, ha sottolineato Pistorius.

Chi aveva interesse a distruggere i gasdotti? La domanda era già stata posta a settembre, e le ipotesi sul tavolo erano molte. Personalmente ero propenso per la pista russa, perché Mosca aveva interrotto unilateralmente la consegna di gas qualche settimana prima e scommetteva sul panico degli europei in vista dell’inverno. Ma era solo un’ipotesi tra le altre.

Piste alternative
Anche la pista americana ha vissuto il suo momento di gloria: gli Stati Uniti, secondo questa tesi, volevano impedire la ripresa della fornitura russa per forzare la mano degli europei. Il giornalista Seymour Hersh ha sostenuto questa ipotesi all’inizio di febbraio. Secondo le sue ricerche, gli esplosivi sarebbero stati piazzati sui gasdotti in occasione delle manovre estive della Nato, per poi essere fatti brillare a settembre.

Ma Hersh, dopo aver conquistato grande autorevolezza all’epoca della guerra del Vietnam, in seguito ha perso parte della sua credibilità ed è scivolato spesso nel complottismo. La sua teoria, in ogni caso, è stata apprezzata e diffusa dalle reti filorusse.

Ora arriva la pista ucraina, anch’essa da prendere con le molle.

Perché questa vicenda è così importante? In un conflitto di grande portata la battaglia dell’opinione pubblica è fondamentale. L’assistenza finanziaria e militare garantita dall’occidente all’Ucraina si basa sull’approvazione duratura da parte della maggioranza di cittadini dei paesi coinvolti. Un dubbio rispetto alle azioni di uno dei governi che partecipano al conflitto potrebbe compromettere questo sostegno.

Le guerre dell’informazione, invisibili ma assolutamente reali, si nutrono di questi dubbi. È dunque cruciale stabilire quale sia la verità. La buona notizia è che un’inchiesta è in corso e sta facendo passi avanti. Oltre alla Germania, anche la Svezia e la Danimarca, che affacciano sul Baltico, avevano promesso di condurre un’indagine, ma non ne abbiamo più sentito parlare.

Gli elementi rivelati l’8 marzo sono insufficienti per trarre conclusioni e sollevano nuovi interrogativi più di quanto forniscano risposte. Ma almeno possiamo sperare di saperne maggiormente in futuro: è assolutamente indispensabile.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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