23 febbraio 2021 16:44

“Le città sono un insieme di tante cose, di memorie, di desideri, di segni d’un linguaggio, scriveva Italo Calvino in Le città invisibili. La fotografia può avere la capacità di restituirci la traccia di ciò che la nostra città è stata nello sguardo degli autori che l’hanno interpretata. E rimarrà un documento per le nuove generazioni”, afferma Francesco Zizola, fotogiornalista e curatore della mostra Fotografia. Nuove produzioni 2020 per la collezione Roma.

Zizola prende in mano le redini di un progetto cominciato nel 2003 dal Fotografia festival internazionale di Roma ma che negli ultimi anni era stato interrotto. L’iniziativa prevedeva la residenza di un artista, invitato a realizzare un lavoro personale sulla città. Nel 2019 è stato deciso di riprendere il progetto e Zizola ha chiesto a cinque artisti di trascorrere un anno a Roma: Nadav Kander, Martin Kollar, Alex Majoli, Sarah Moon e Tommaso Protti.

La mostra, aperta fino al 16 maggio al Padiglione 9A del Mattatoio, si apre con Tommaso Protti, vincitore del prestigioso Carmignac photojournalism award con un lavoro sulla deforestazione nell’Amazzonia brasiliana. Il fotografo sceglie di mettere a confronto la Roma antica, amata dai turisti, con il suo volto più recente, quello duro e aspro delle periferie che Protti lascia avvolgere dalle tenebre create dal flash e dal bianco e nero. Il percorso prosegue con Martin Kollar, fotografo e regista slovacco, che ha preferito realizzare una residenza itinerante, viaggiando a piedi da Bratislava a Roma. Quarantadue giorni, attraverso cinque paesi, raccontati in un diario per immagini che ricostruisce a ritroso la vecchia strada dell’impero, dal suo confine più estremo fino al centro.

Alex Majoli, fotoreporter nato a Ravenna e membro dell’agenzia Magnum, crea dei set cinematografici nelle strade, nelle piazze, nelle stanze da cui vengono fuori scene di vita quotidiana e triviale. Ventotto palcoscenici in bianco e nero dove la bellezza e l’armonia bilanciano il disordine e la decadenza della metropoli. Accanto a lui, Nadav Kander, fotografo israeliano celebre per i suoi ritratti, ha realizzato delle grandi stampe che raffigurano “l’organismo vivente della città di Roma”, come l’ha definita lui stesso. Attraverso il suo formalismo Kander ricerca origini lontane nelle tracce materiche e porose di pietre che sono state colonne, mura, statue e decorazioni. La mostra si conclude in uno spazio separato dove è ospitato il lavoro della fotografa francese Sarah Moon, che intesse un dialogo poetico con l’inconscio profondo della città, usando una pellicola Polaroid in bianco e nero per rivelare i segni del tempo che passa.

L’iniziativa è stata promossa da Roma Capitale – Assessorato alla crescita culturale e dall’Azienda Speciale Palaexpo.

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