11 dicembre 2020 10:29

Donald Trump si sta dimostrando efficace fino in fondo nella sua diplomazia transazionale tra Israele e il mondo arabo. Dopo gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrein e il Sudan, ecco che anche il Marocco si è avviato verso la normalizzazione dei rapporti diplomatici con lo stato ebraico.

Parliamo di diplomazia transazionale perché gli Stati Uniti hanno offerto a ogni paese che ha riconosciuto Israele un “regalo” significativo. Per gli Emirati si è trattato della vendita dell’ultimo aereo da combattimento statunitense, l’F-35, mentre per il Marocco è il riconoscimento da parte degli Stati Uniti della sovranità di Rabat sul Sahara Occidentale, una vittoria diplomatica che agli occhi del re Mohamed VI non ha prezzo.

In realtà l’annuncio sancisce un rapporto ufficioso tra Israele e Marocco già in corso da decenni. A volte questo riavvicinamento è avvenuto alla luce del giorno, come testimoniano le foto degli incontri tra il re Hassan II e i leader israeliani Shimon Peres e Yitzhak Rabin. Dopo gli accordi israelo-palestinesi di Oslo, nel 1993, a Rabat operava addirittura una quasi ambasciata dello stato ebraico, chiusa quando il processo di pace è naufragato.

Il nemico comune
Questi legami stretti sono agevolati dalla presenza di oltre mezzo milione di ebrei marocchini in Israele che visitano regolarmente la loro vecchia patria, a cui restano molto legati.

Perché si è deciso di ufficializzare questo rapporto? Nelle nuove linee di frattura del mondo arabo il Marocco è vicino alle monarchie conservatrici del Golfo, che hanno scelto di aprire la porta a Israele per affrontare un nemico comune, l’Iran.

Ma per il Marocco la posta in gioco è soprattutto il Sahara Occidentale, e il riconoscimento degli Stati Uniti costituisce un enorme successo. L’ex colonia spagnola è stata occupata dal Marocco con la “marcia verde” organizzata da Hassan II nel 1975, in occasione della ritirata spagnola. L’azione marocchina, però, si scontrò con la resistenza del Fronte Polisario, un movimento armato indipendentista sostenuto dall’Algeria, eterna rivale del Marocco.

Donald Trump è consapevole degli antagonismi regionali che rischia di risvegliare?

Quarantacinque anni dopo, lo status dell’ex possedimento spagnolo non è ancora stato definito. Un negoziato sotto l’egida dell’Onu è in corso da anni, ma di recente nel deserto è nuovamente aumentata la tensione con il Fronte Polisario.

Donald Trump è consapevole degli antagonismi regionali che rischia di risvegliare? Di sicuro il presidente ha concesso al Marocco l’unico trofeo che avrebbe potuto spingere il re a regalare a Washington un ultimo successo diplomatico.

Per parte sua, Israele e il suo primo ministro Benjamin Netanyahu incassano il riconoscimento del Marocco con grande soddisfazione, anche perché non hanno dovuto offrire niente in cambio.

Quando Trump annuncia su Twitter che questi riconoscimenti favoriranno la pace in Medio Oriente non fa altro che vendere un sogno, perché nessuno dei paesi che hanno riconosciuto Israele era in guerra con lo stato ebraico. Nel caso del Marocco esistevano addirittura rapporti semiufficiali già venticinque anni fa.

I grandi sconfitti di questo procedimento sono naturalmente i palestinesi, ormai dimenticati. La situazione attuale è ben diversa dal riavvicinamento degli anni novanta tra Israele e il Marocco, reso possibile proprio dagli accordi di Oslo. Ancora un volta sembra più facile fare la pace con un paese lontano cinquemila chilometri che con un popolo vicino.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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