Milano e l’hinterland, fine settecento, Cesare Beccaria e una bestia. L’esordio di Alessandro Refrigeri racconta una città sotto assedio: la paura miete vittime, reali e immaginarie. La minaccia è la Bestia, che secondo alcuni sarebbe un lupo o una iena del circo, per altri un lupo mannaro e per i più non sarebbe nemmeno un essere del creato, ma qualcosa di diabolico. A organizzare la Grande Caccia è Beccaria, marchese illuminato, filosofo, giurista autore del famoso trattato Dei delitti e delle pene. A popolare le campagne ci sono preti, signore devote, abati ascetici, nei cui cuori “vive una scintilla che non si può domare se non con l’esperienza: un impulso che sorride all’ignoto”. La Bestia si aggira di notte e di giorno, non risparmia bambini né anziani, poveri contadini o nobili, la comunità la combatte a ritmo di preghiere, capri espiatori, fucili e sacrifici. Questa prima prova del giovane scrittore classe 1998, è un romanzo ben costruito, a metà tra lo storico e l’horror. Con una lingua coerente traccia una storia originale ispirata a fatti realmente accaduti. È un libro piacevole, che forse pecca nel dare a tratti l’impressione di un ritmo troppo dilatato. La paura, alla fine, diventa una macchia multiforme, che assume i contorni sfocati dell’allegria, facendone un romanzo che narra il presente più di quanto non sembri a prima vista. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1569 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati