Tra i titoli azionari che hanno guadagnato in borsa dopo l’elezione di Donald Trump e poi hanno subìto un tracollo spicca la Tesla. Il prezzo delle azioni della casa automobilistica di Elon Musk è passato da quasi 480 dollari a novembre a meno di 282 dollari alla fine di febbraio. Il crollo è stato così precipitoso che il 27 febbraio l’American federation of teachers (Aft), il sindacato degli insegnanti statunitensi che gestisce un fondo pensione da quattromila miliardi di dollari, ha invitato sei grandi compagnie d’investimento – BlackRock, Vanguard, State Street, T Rowe Price, Fidelity e Tiaa – a riconsiderare la loro posizione nell’azienda di Musk. Secondo il presidente dell’Aft, Randi Weingarten, le azioni della Tesla sono crollate “più velocemente di un cybertruck (il fuoristrada del costruttore) nelle sabbie mobili”. L’ultimo bilancio aziendale mostra una diminuzione del 23 per cento dell’utile operativo. Le vendite in California sono calate dell’8 per cento nel quarto trimestre del 2024. Poca roba rispetto al -60 per cento registrato in Germania a gennaio.

Il contraccolpo è in parte di natura politica. Gesti che somigliano a saluti nazisti vanno di traverso agli europei, proprio come gli appelli a smantellare il dipartimento per l’istruzione non vanno giù agli insegnanti. Tuttavia, anche se Musk non fosse di per sé un personaggio così divisivo, il prezzo delle azioni dell’azienda è diventato “completamente scollegato dai fondamentali”, si legge in un’analisi della banca JPMorgan pubblicata a febbraio. Le ragioni per cui il marchio Tesla si è così offuscato, inoltre, si sovrappongono al più ampio declino del modello economico statunitense. Musk ha fatto come Trump, che promette troppo e non mantiene. A cominciare dal fatto che il produttore cinese di veicoli elettrici Byd ha superato le stime di vendita per il 2024 di quasi il 20 per cento, mentre la Tesla ha registrato per la prima volta dal 2011 un anno intero di calo nelle consegne di veicoli. Questo perché la Byd ha ridotto drasticamente i costi rispetto alla concorrenza, facendo leva sull’integrazione verticale, sulla proprietà delle filiere (la Byd produce le proprie batterie) e sulle economie di scala. Nel dopo Biden, invece, gli Stati Uniti non hanno una politica industriale per le tecnologie pulite. Trump sta mettendo fine agli aiuti federali per la costruzione di stazioni di ricarica e probabilmente taglierà anche gli incentivi fiscali per i veicoli elettrici. Musk partecipa alle riunioni di governo, ma in fin dei conti sono i colossi petroliferi a gestire il Partito repubblicano, e Trump non ha alcun interesse a sostenere la transizione verso l’energia pulita. Questo non è di buon auspicio per un’azienda statunitense che cerca di competere con un campione nazionale cinese.

Le buffonate politiche di Musk hanno svalutato il marchio. Le vendite in Europa sono crollate dopo l’annuncio del suo sostegno al partito tedesco di estrema destra Afd

La Tesla non si è concentrata sul prezzo, ma sulla sua identità di marchio prestigioso. Per poter imporre prezzi alti, però, bisogna avere un certo prestigio. Le buffonate politiche di Musk hanno svalutato il marchio. Le vendite in Europa sono crollate dopo l’annuncio del suo sostegno al partito tedesco di estrema destra Alternative für Deutschland (Afd). All’inizio di gennaio un fondo pensione olandese ha disinvestito dalla Tesla per protesta. I proprietari di veicoli Tesla in Francia, Norvegia e Regno Unito usano adesivi per paraurti su cui c’è scritto: “L’ho comprata prima di sapere che Elon era pazzo”. In Germania le proteste davanti alle fabbriche della Tesla sono all’ordine del giorno.

La caduta dell’azienda riflette la sensazione più ampia che il dominio delle azioni statunitensi, soprattutto nel settore tecnologico, potrebbe essere arrivato al capolinea. In parte per la concorrenza più agguerrita della Cina e perché la fine dello scambio internazionale di tecnologia escluderà le aziende statunitensi dai grandi mercati. Le vendite della Tesla sono in ritardo rispetto alla crescita del mercato in Cina, dove le autorità hanno rallentato l’approvazione del soft­ware di guida autonoma di Musk. Oggi è difficile immaginare che in questo campo la Tesla possa superare rivali come la Waymo. Nel frattempo, la concorrenza si sta unendo per minacciare il dominio della Tesla nelle infrastrutture per i veicoli elettrici: Mercedes-Benz, Bmw, Gm, Stellantis, Honda, Hyundai, Kia e Toyota hanno lanciato Ionna, un’iniziativa che prevede l’installazione di trentamila stazioni di ricarica negli Stati Uniti entro il 2030.

I fondi d’investimento ascolteranno gli appelli dei sindacati a rivedere la loro posizione nella Tesla? Lo spero. I frequenti annunci di Musk su progetti ambiziosi che trasformeranno l’azienda suonano piuttosto spericolati. Come sottolinea l’Aft, un analista della JPMorgan ha fissato una soglia critica di 135 dollari per le azioni della Tesla: se il prezzo dovesse scendere sotto questo livello, il calo dall’inizio dell’anno raggiungerebbe il 64 per cento, colpendo duramente gli investitori. Metterei la Tesla, e anche gli Stati Uniti di oggi, tra i titoli da vendere. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1604 di Internazionale, a pagina 46. Compra questo numero | Abbonati