04 dicembre 2019 12:30

Se un autore teatrale volesse mettere in scena il mondo del 2019, probabilmente immaginerebbe un vertice internazionale a Londra, con una cena a Buckingham Palace e tre personaggi principali quasi caricaturali.

Il nostro autore descriverebbe la giornata del 3 dicembre 2019, con protagonisti Donald Trump, Emmanuel Macron e Recep Tayyip Erdoğan, ovvero i presidenti di Stati Uniti, Francia e Turchia, riuniti per il vertice della Nato.

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Nella finzione, però, sarebbe difficile rendere credibile il fatto che questi tre individui appartengono alla stessa alleanza politico-militare, perché le loro divergenze e la loro visione del mondo sono lontani anni luce. Eppure questa è la realtà, una realtà che la dice lunga sull’evoluzione politica degli ultimi anni e sulle contraddizioni che viviamo.

Personificazione del potere
L’aspetto più incredibile, come dimostrano i commenti dei mezzi d’informazione d’oltreoceano dopo la conferenza stampa congiunta di Trump e Macron, è che nessuno fa più alcuno sforzo per nascondere questa distanza. I tre capi di stato incarnano tre situazioni diverse e condividono una chiara tendenza alla personificazione del potere, tornata in auge. Ognuno a modo suo, tutti e tre cercano di modificare l’ordine mondiale e plasmarlo secondo la propria immagine.

Donal Trump è il distruttore in capo, il miliardario che nella sorpresa generale ha assunto il controllo della prima potenza mondiale e oggi indebolisce sistematicamente il meccanismo multilaterale per affermare la supremazia degli Stati Uniti. In patria Trump deve affrontare una procedura di destituzione, ma conserva le speranze di essere rieletto il prossimo anno.

Emmanuel Macron è anche lui un distruttore, ma dalle tendenze più liberali. Nel 2017 la sua elezione è stata accolta con sollievo da chi temeva l’ondata populista, ma da quel momento il suo eccessivo volontarismo ha incontrato forti resistenze, in Francia come in Europa. Macron, oggi, si trova alla vigilia di un confronto sociale che determinerà il proseguimento del suo mandato.

Erdoğan vuole essere ricevuto come il nuovo sultano della Turchia moderna, quando è prima di tutto un assassino della libertà nel suo paese

Infine c’è il turco Recep Tayyip Erdoğan incarnazione dell’”uomo forte” che si sta affermando in tutti i continenti. Islamico-conservatore sempre più autoritario e con la tendenza all’insulto, Erdoğan vuole essere ricevuto come il nuovo sultano della Turchia moderna, quando è prima di tutto un assassino della libertà nel suo paese.

Alleanza instabile
Cosa possono insegnarci questi tre leader a proposito dell’epoca in cui viviamo? Prima di tutto che le regole del gioco di ieri non funzionano più e che quelle di domani ancora non esistono. Non ci sono più i “leader del mondo libero”, alleati docili e vassalli lontani. Il concetto stesso di alleanza è instabile, come dimostra il caso della Turchia.

Inoltre è evidente che i rapporti di forza si stanno modificando e molti non se ne accorgono. Gli europei sottovalutano la loro capacità collettiva, mettendo in dubbio la parola “potenza” proposta da un presidente francese accusato di covare sogni di grandeur.

Il vertice di Londra ci insegna che le alleanze, come le famiglie, sono capaci di resistere agli scontri più duri, perché in fondo fuori fa sempre più freddo che dentro, e con le contraddizioni si impara a convivere.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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