Il fatto che la seconda visita all’estero di Volodymyr Zelenskyj dopo l’inizio della guerra sia stata nel Regno Unito ha perfettamente senso, visto che Londra ha dato fin da subito informazioni d’intelligence e armi a Kiev. Per questo sarebbe ingiusto negare il ruolo dell’ex primo ministro britannico Boris Johnson, che un anno fa ha spinto l’occidente ad agire mentre altri negavano la possibilità di un’aggressione russa, accusavano la Nato di provocare Mosca o sostenevano che l’Ucraina non avrebbe mai potuto resistere per più di qualche settimana. La politica di Johnson è stata portata avanti dai suoi successori, appoggiata da partiti di tutto lo spettro politico e da buona parte della popolazione. Migliaia di profughi ucraini sono stati accolti nelle case dei britannici. Di recente l’impegno di Londra è stato confermato dalla promessa di consegnare carri armati Challenger 2, un gesto che ha contribuito a convincere il governo tedesco a dare il via libera all’esportazione dei suoi carri armati Leopard.

D’altro canto il Regno Unito, l’occidente e il mondo libero hanno molte ragioni per ringraziare Zelenskyj e il suo popolo. Le sofferenze degli ucraini nell’ultimo anno sono difficili da immaginare. Per evirare una sconfitta totale, le forze di Vladimir Putin, battute ripetutamente sul campo di battaglia, hanno lanciato attacchi indiscriminati contro obiettivi civili e hanno lasciato campo libero agli spietati mercenari del gruppo Wagner. L’esercito russo è mal comandato e mal equipaggiato, ma è più numeroso di quello ucraino.

Bakhmut, 5 febbraio 2023 (Yasuyoshi Chiba, Afp/Getty)

Presto Mosca cercherà di sfruttare questo vantaggio con una nuova offensiva. Il Cremlino si sta riorganizzando. Si parla di cinquecentomila soldati pronti a entrare in azione. I russi avranno a disposizione carri armati più moderni, i T-90, e nuovi droni prodotti dalle loro fabbriche. Mosca continuerà a colpire la popolazione civile, e intanto sta trovando nuovi modi per aggirare le sanzioni sulle esportazioni di petrolio. In questo senso è stata molto aiutata da Cina e India.

Quindi nei prossimi mesi l’Ucraina avrà bisogno di ancora più aiuti. Le reticenze potrebbero arrivare soprattutto da Berlino, comprensibilmente riluttante all’idea di lasciarsi coinvolgere nel conflitto. I tedeschi hanno pagato un prezzo maggiore rispetto agli altri in termini d’inflazione e sanzioni energetiche, ma alla fine hanno fatto la cosa giusta. Ora la Germania, prima potenza industriale europea, deve sostenere lo sforzo occidentale a livello sia diplomatico sia militare. Questo significa anche consegnare aerei da combattimento, insieme a Regno Unito, Europa e Stati Uniti. La forza aerea è il prossimo livello nel conflitto. L’efficacia delle munizioni, dei sistemi missilistici, dell’artiglieria, dei carri armati e dei blindati dipende in parte da un adeguato controllo dei cieli. In quest’ambito l’Ucraina è svantaggiata a livello tecnologico e numerico. La forza aerea è l’elemento finale nell’arsenale necessario per cacciare i russi dal paese e sconfiggerli.

Zelenskyj fa bene a dire che “la vittoria ucraina cambierà il mondo”. Quando il conflitto sarà finito, la Russia potrà essere riabilitata, vivere in pace con i paesi vicini, ricostruire la sua economia e le sue istituzioni democratiche. A quel punto il mondo sarà più sicuro, soprattutto l’Europa.

Un anno fa pochi pensavano che l’Ucraina potesse resistere, figuriamoci battere i russi. Oggi invece sembra un obiettivo possibile. È arrivato il momento di dare gli ucraini gli strumenti per completare l’opera. Non possiamo permettere che la debolezza o l’incertezza compromettano una vittoria ormai alla portata. ◆ as

The independent è un quotidiano britannico fondato nel 1986. Dal 2016 esce solo in versione digitale.

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Questo articolo è uscito sul numero 1499 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati